FALPALELLA

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    fantasia
    UNA FAVOLETTA DEDICATA
            alle mamme ed ai papà che vorrebbero i loro figli conformi agli usi  ed ai costumi correnti
            ai bambini che vorrebbero essere, in tutto e per tutto, uguali ai propri compagni
            a chi si sente a disagio perché si accorge di essere un po’ diverso dagli altri
            a tutti coloro, insomma, che si dimenticano che ognuno ha diritto ai propri sogni e che
                                           la diversità può essere una risorsa


                                                                 FALPALELLA                 

    C’era una volta una bambina di nome Luigina ma che tutti chiamavano Falpalella.
    Questo perché a lei piacevano tanto i volants, alti bassi, smerlati o no, pieghettati o arricciati, non importa; sui suoi vestitini lei voleva sempre dei falpali e così sul bordo delle mutandine, dei calzini e dei grembiulini per andare a scuola.
    Pantaloncini non ne voleva proprio, voleva solo gonne con i falpali e anche camicette con le maniche sbuffanti e con tanti volants attaccati, così che la sua mamma, poveretta, diventava matta a stirarli ed era costretta a farsi aiutare dal babbo.
    Avevano cercato di convincerla ad indossare i jeans, come tutti gli altri bambini, o perlomeno abitini lisci, magliette e felpe. Niente da fare. S’intristiva, le venivano i lucciconi, tirava su col naso e non parlava più. Lei che era una bambina buona, dolce, studiosa e sempre sorridente. E allora i genitori si rassegnarono: mica si può avere la perfezione!
    E a chi le domandava perché volesse sempre i volants, magari uno solo per i vestitini di tutti i giorni, lei rispondeva: “Mi mettono allegria” e poi piroettava su un piede solo e saltellava canterellando.
    A scuola certi bambinoi la prendevano in giro: “Ma come ti vesti?! Non usa mica più! Sembri mia nonna!”. Oppure certe smorfiosette mormoravano: “Vedi lei! Chissà chi si crede d’essere. La principessa Tumistufi!” e, quando lei si avvicinava per giocare, si allontanavano tutte impettite col naso all’aria.
    Lo strano è che Falpalella mica stava ferma come una bambolina. Anzi! Giocava ad acchiaparello, a nascondino, andava sull’altalena e si arrampicava persino sugli alberi. Come facesse a non scorticarsi tutta era un mistero. Qualche graffietto se lo faceva anche lei ma come tutti gli altri.
    Un giorno di primavera la maestra annunciò ai suoi scolari che li avrebbe portati in gita fra i boschi sulle colline: “Mi raccomando, portatevi lo zaino con la merenda e vestitevi in maniera adeguata, belli comodi!” e guardava con la coda dell’occhio Falpalella, tanto che i bambini se ne accorsero e si misero a ridacchiare.
    Falpalella era al settimo cielo: andare fra i boschi, fare le capriole sui prati, giocare a palla…. E sognava, sognava tutte le meraviglie di quella gita, tanto che volle mettersi il suo vestito preferito, a fiorellini gialli e verdi, falpali al colletto, alle maniche e tanti, uno sopra l’altro, sulla gonnellina arricciata.
    Mamma e babbo neanche ci provarono a farle cambiare idea, anzi mamma le aveva attaccato un paio di volants anche allo zainetto giallo su cui era dipinta una bella margherita bianca: “Mi raccomando, Falpalella, attenta ai sassi, alle ortiche, alle vipere, con le gambe nude è più facile farsi male”.  Falpalella  ascoltava e accennava di sì mentre piroettava su un piede solo facendo allargare la gonnellina che sembrava un fiore.
    Molti bambini, quando la videro, cominciarono a ridere: “Uh, Uh, guarda come si è conciata, e per arrampicarsi fra i boschi poi!”. Qualche bambina provò un pochino di rabbia perché Falpalella era molto graziosa. La maestra non disse nulla ma sbuffò e pensò: “Bisognerà tenerla d’occhio!”.
    La giornata era piena di sole e i bambini correvano, saltavano, ogni tanto litigavano e si davano qualche botta: insomma, erano contenti. Ben presto molti si dimenticarono di come era vestita Falpalella e giocarono con lei che era sempre allegra e sorridente. Passarono le ore, mangiarono su un prato, giocarono a palla, inseguirono i raggi di sole che filtravano tra le foglie dei rami del bosco.
    E giunse il momento del ritorno. Erano stanchissimi: a chi pesava lo zaino, a chi dolevano i piedi, chi mugolava perché aveva sete e aveva bevuto tutto quello che s’era portato. E così tornavano indietro camminando tutti ciondoloni e la maestra doveva continuamente fermarsi e dire: “Su…forza…coraggio….fra poco arriveremo”.  Ma la strada diveniva sempre più lunga.
    Si alzò un po’ di vento. Meno male, almeno stavano più freschi!  Ma piagnucolavano lo stesso. “Ma come –osservava la maestra – voi che siete così sportivi!”
    Fu allora che tutti, maestra compresa, si accorsero di un fatto assai strano: Falpalella, tutta allegra e sorridente, mica camminava, volava! Sì, volava; a tratti, ma volava. Si alzava sulle punte dei piedini, aspettava che il vento le gonfiasse la gonna, spiccava un balzo e via…..quattro, cinque, sei metri veleggiando come un palloncino, meglio, come uno di quei semini leggeri, che sembrano paracadute e si staccano dagli alberi per andare a posarsi chissà dove; riscendeva leggera, si rialzava sulla punta dei piedi, aspettava che il vento le rigonfiasse la gonna e via di nuovo.
    E quando arrivarono, tutti stanchi morti con la testa ciondoloni, Falpalella era fresca e sorridente, che neanche sembrava  che fosse andata in gita.
          

    6 COMMENTS

    1. .. e alla fine viene da dire “bravi! così imparate :P”

      .. è deliziosa, MariaMartina 🙂

      una favole freschissima che lascia il sorriso nel cuore..

      Un abbraccio

      Ars

    2. Penso che la diversità non sia necessariamente negativa. L’importante è sentirsi bene con se stessi. Quando si sta bene dentro è molto più facile per gli altri stare bene con te.

      Molto tenera questa favola…

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