“Venghino venghino
siori e siore!
Stasera si recita a soggetto!!”
Poche luci sulla ribalta stasera e, che strano, aveva sentito dire di una storia ampia e con tanti effetti, eppure, sul proscenio, compaiono solo due attori: un uomo e una donna.
Non parlano. Si muovono per il palcoscenico. Sembra una danza lenta.
Si girano attorno, scrutandosi, sorridendosi, ora lontani, ora più vicini,
poi di nuovo lontani.
A tratti, uno dei due, allunga un braccio, talvolta sfiora quello dell’altro.
Poi si sente un sussurro appena, si fa fitto, sempre più fitto.
Scroscia una risata. Di lei.
Lui la guarda e ride divertito, rapito. E di nuovo quel fitto fitto parlottare.
Si raccontano.
Scroscia una risata. Di lui.
Lei lo guarda divertita e ride, rapita. E inizia la danza degli sguardi.
Quindi ha il via la danza dei sorrisi, mentre loro sono immobili uno di fronte all’altro.
Di nuovo movenze.. lente.
Nell’accostarsi, ecco la danza delle mani, del corpo, delle sussurrate parole d’amore.
Danzano, s’intrecciano finanche i respiri.
Poi, la danza assume un ritmo tribale e gli attori sembrano animali selvaggi.
Non più parole, ma alfabeto primordiale; non più danze,
ma gesti antichi quanto l’uomo stesso.
Buio sul pacoscenico. Silenzio.
Lei aveva seguito con attenzione tutta la scena, la coreografia e questo mimico/recitativo.
Luci. Le due figure camminano vicine, tenendosi a braccetto.
La testa di lei appoggiata languidamente alla spalla di lui. Sorride estasiata.
Lui la guarda, poi guarda lontano e sorride.
Lei per un attimo, ma è solo una sensazione che s’insinua come una nota stonata, percepisce un distacco di lui, seppur minimo.
Continuano a camminare ma si sono un pò scostati e, proseguendo, il distacco si fa maggiore.
Lei parla a monosillabi.
Lui non risponde e cammina.
Si guardano di rado.
Le loro braccia sono distanti. Tanto quanto il loro cuore.
Le loro voci si sono spente. Tanto quanto tace l’amore.
Il loro cammino procede per strade diverse.
Lei esce dalla quinta sulla destra.
Lui esce dalla quinta sulla sinistra.
Resta il palcoscenico vuoto. Silente.
E una luce, già fioca, che piano piano si smorza.
Lei resta seduta ancora qualche minuto sulla poltrona in platea, guardando quest’ultima scena di quest’ultimo atto.
E quando ancora gli occhi sono fissi su quella scena vuota, ripercorre mentalmente tutto lo spettacolo.
“Meritava” si disse, contenta d’esser stata lì.
Poi, esce. Il freddo la investe. Si stringe nel suo cappotto. Giusto un paio di lacrime le rigano il viso.
Sarà il freddo...
e lei è sola in questo teatro.
Scrivi molto bene
Francesco
La parabola di una storia d’amore.
Bello il modo in cui descrivi quel “minimo” distacco, la piccola crepa che può far franare anche un grande amore.
Racconto in stile Hemingway
Veramente molto originale e di grande impatto.
Una pièce teatrale emozionante e coinvolgente…complimenti.
Un abbraccio
Maya
Complimenti, molto ben scritto
Molto interessante.Un abbraccio. La segnalo
Mi è sembrato proprio di essere in teatro e di veder nascere un amore, vederlo fiorire appassionato e poi…appassire, rassegnato, impotente, come se non ci potesse essere altra soluzione.
Triste e coinvolgente… ma forse sarà il freddo…