Lei

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Amare a volte significa annullarsi, soffrire e capire che uno dei due ha dato tutto in cambio di niente, altre volte che si è dato reciprocamente in silenzio e con infinita generosità.
Vi parlerò di lei…
Lei era come il sole che sorge sui campi di grano, dove la luce riflessa è tanto forte da non poterla guardare e si impone, prepotente, sull’orizzonte sbiadito. Il suo corpo si muoveva aggraziato come le spighe ondeggianti, seguendo il ritmo del vento, danzando alla sua melodia.

Lei era come il segno della vita che nasce. Era la forza che sconfiggeva il male, il destino e quello che sarebbe stato della mia nuova vita e del mio essere al suo fianco. Era il bene contrapposto alla crudeltà del mondo, all’egoismo dei sentimenti effimeri. Era l’amore nato in un mattino d’inverno, tra il fiato di nuvola e le guance arrossate dal freddo, sul suo nasino lentigginoso dalla punta irriverente e un sorriso franco tra labbra rosse a forma di cuore.

Capelli neri e corti, che sfuggivano ribelli dal berretto di lana a colori. Un cappotto giallo, bruttissimo, ma che era una pennellata di colore in un mondo grigio. Una sacca di tela conteneva tutto il suo mondo: libri, una mela, penne colorate, cartoline dagli amici sparsi nel mondo, una bambolina di stoffa di quando era piccola, una strana collana di pietre e conchiglie raccolte sulle spiagge della sua isola… ago e filo per ricucire gli strappi improvvisi… come gli squarci dell’anima che mi fece.

Assomigliava ad una bambolina lei stessa, di porcellana, finemente rifinita nel viso, con ciglia nere e occhi azzurri e profondi. Solo il suo corpo era fragile… di pezza. Era la mia bambina. Era la donna che avevo sognato, un misto di innocenza e malizia, capace di donarsi agli altri in modo genuino.

Diventò la mia musa, ritrarla era come amarla… percorrere col pennello ogni parte del suo corpo era come rifarlo con le mani e le labbra. Mi eccitava. E lei si muoveva lenta, stanca, protestava come una bimba capricciosa, ma sapevo che adorava quella forma di costrizione. Le piaceva mostrarsi e spesso stavo ore a guardarla cambiar vestito, accessori, provarsi scarpe e indossare anche i miei. Saltellava per casa con indosso i miei pantaloni e le mie cravatte, o solo con la mia camicia. Mi regalava ogni giorno una cosa nuova, una gioia continua e le veniva facile. Sinceramente facile.

La osservavo dormire.
L’amavo col pensiero quasi più che con il corpo. Saremmo potuti essere di più, io padre e lei figlia, ma eravamo amanti. Era entrata nella mia vita come i bucaneve d’inverno, come un sogno a lungo atteso. Aveva risvegliato il mio cuore donandomi il suo palpito malato. Lei è stata il sole e io il balsamo per le sue ferite, le ho curate e le ho comprese, ho lottato per lei, mentre mi insegnava l’amore. Lei mi ha dato la sua vita. Anche se io ero il più vecchio, lei era più stanca, un cucciolo fragile, deliziosamente buffo che mi aveva mostrato il lato sentimentale e crudele dell’amore.

Il fiume dei miei ricordi me la riporta in mente esattamente com’era quando dormiva, invulnerabile.

11 COMMENTS

  1. letto tutto d’un fiato
    questo racconto è bellissimo
    e ti entra dentro l’anima
    complimenti per il tuo modo di scrivere
    un saluto
    Alanis

  2. Uno squarcio di vita adagiato sui fogli dell’anima, la quale palpita attraverso gli occhi davanti a questa meraviglia di visione insieme al corpo inebriato da profumi e sapori delicati.
    Ammirata!
    Un abbraccio
    Nicoletta

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