Inconsapevole gigolò

Night in the City di Jack Vettriano

Sandro non sapeva neppure perché mi stava raccontando la sua storia. Sembrava non vi fosse nulla di eclatante, o che andasse scritto, se non la tristezza che pur volevano celare i suoi occhi, e il rimpianto sotto e dentro ogni sillaba, ogni sua parola. Aveva avuto molto dalla vita e si rendeva conto di non avere avuto niente. Di tre fratelli lui era il più bello già da bambino, ma negli anni 60’ nel paese dove era nato, un paese che viveva di pesca e di emigrazione, succedeva con frequenza che un padre accettasse come suo un figlio che pensava suo non fosse. Un sospetto che nessuno immaginava, un peso che da solo quel bambino doveva trascinare per sempre sulle spalle, come un fardello che avrebbe ingombrato tutta la sua vita, come una colpa che tutti i giorni espiava, come non meritasse nessun tipo di amore, non solo il disamore di suo padre. Per Sandro l’unico affetto era quello della madre, che cercava in tutte le maniere di sopperire a quel rifiuto gelido e testardo, a quel disonore che non c’era stato, alla povertà e all’ignoranza di quell’uomo e di quei tempi. Per questo lei voleva una sola cosa, una cosa pretendeva, che Sandro studiasse, che diventasse colto, che diventasse qualcuno, che lasciasse quel paese bello ma sfortunato. E in attesa che Sandro diventasse grande, lei lo colmava di ogni carezza, di ogni tenerezza, lo proteggevano e lo coccolavano lei e tutte le operaie che nella sua bottega andavano a lavorare. Così Sandro aveva capito che le donne erano forti e degli uomini era la viltà, che nelle donne trovava rifugio e doveva rifugiarsi, e quando era diventato un uomo e aveva provato per le donne un desiderio diverso, lui si era abbandonato se le donne lo avevano desiderato, si era lasciato vivere ed amare, si era lasciato guidare e coccolare; non aveva fatto regali perché gli sembrava troppo alto il valore dei regali che sempre riceveva. Non era mai potuto diventare un uomo perché non voleva essere suo padre, e non era mai potuto diventare un uomo perché non glielo avevano permesso quelle donne. Abituate alla bella vita e al lusso, ad avere tutto quello che volevano, in tante avevano voluto lui, quando lui aveva cominciato a girare il mondo. Aveva studiato ma non era diventato nessuno, l’avevano amato, ma lui non aveva amato mai. Aveva desiderato emozionarsi, amare e soffrire, ma non aveva mai provato un’emozione.
Senza avere desiderato mai di prostituirsi ecco cosa sentiva di essere stato.
Inconsapevolmente un gigolò. Tutto il resto era ormai bruciato.

1 commento

  1. Un racconto che lascia trasparire molti spunti di riflessione, il titolo stesso “inconsapevole gigolo'” laascia spazio a molte interpretazioni prima di leggere queste righe, che pero’ poi regalano una piacevole sorpresa, spiazzando il lettore che forse per pregiudizio si era gia’ creato uno stereotipo prima di carpire il senso stesso del racconto.

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