Mistral – 4^ puntata

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Notte. Non riesco a dormire, continuo a girarmi e rigirarmi nel letto. Nella mente, Mistral. Ripenso al pomeriggio, ma ho impresso nella memoria il suo sguardo profondo e inquietante. Valuto se è il caso che disdica il lunedì e trovi scuse per non tornare da lui. Perché? Ho paura? No, non è un uomo che mi fa paura. Dunque? Non so. Non so davvero: è una sensazione poco chiara che avverto quando mi guarda come questa sera. Come di un uomo che ha nell’anima un segreto che pesa.
Ma ora voglio solo dormire…solo dormire….solo dormire
Sono a scuola con i miei alunni, ma sono mentalmente assente, mentre loro stanno eseguendo un compito che li terrà impegnati per un po’.
Alle 12,30 il suono della campanella, seguito da vociare dei bambini, mi riporta al presente.
A casa, gesti rituali: taglio l’insalata, accendo il fornello, apro il frigorifero, sbuccio una pesca.
Mi stendo un poco sul divano e tento di rilassarmi, perché sono un po’ agitata. In questo momento penso a Lupin e al suo morbido pelo. A Lupin, penso, invece di pensare a Mistral.
Dall’armadio tolgo un abito sottoveste dalle tonalità chiare. Le due e venti. Chiudo la porta e scendo le scale. Madame Raisin socchiude la porta: è più forte di lei curiosare. All’inizio questo comportamento mi infastidiva; ora mi fa sorridere.
Sono in Rue Mirabeau. Controllo l’ora 14,50. Suono. Nulla. Suono ancora. Niente. Mi attacco al campanello e risuono. Nessuna risposta. Il portone è socchiuso. Entro e salgo. Arrivo al pianerottolo. Suono. Suono ripetutamente. Silenzio assoluto. Possibile che mi abbia tirato un bidone? Ah!, questi artisti! Non demordo e busso. Sotto al colpo delle mie nocche la porta, che evidentemente non era chiusa bene, si apre. Entro piano. “Permesso?”.. Mi giro attorno e vedo il caos totale. Sembra che nell’appartamento sia passato un tornado. Sono lì, attonita, quando avverto qualcosa alle gambe. E’ Lupin.
Sono combattuta. Non so se avanzare. Non so che cercare. Non so se sia il caso di chiamare la gendarmerie. Decido di dare uno sguardo in giro, senza toccare nulla. Entro nello studio: tubetti di colore sparsi sul pavimento, i quadri stracciati e imbrattati, olio di lino che cola dal tavolino e odore di essenza di trementina. In cucina, la parete imbrattata dal colore rosso che cola, come gocce di sangue. Passo nella camera da letto. La poltrona è rovesciata. Da fianco al letto spunta un braccio e una mano che pare di cera. M’avvicino e vedo che giace, col volto tumefatto, Mistral. Controllo se c’è battito. Si. Col passo felpato, Lupin s’avvicina a Mistral e comincia a leccargli la mano. Un lieve movimento. Poi, un altro.
Mi chino: “Mistral, mi senti? Sono io, Veronique”
A fatica socchiude un occhio, l’altro è troppo gonfio.
“Chiamo un ambulanza”.
“No… ferma” mi intima con la voce roca e contemporaneamente allarmata.
“Ti aiuto. Ce la fai a rialzarti?”
Appoggia a fatica le mani al mio collo. Lo sorreggo e lentamente riesce a sedersi.
“Ancora un piccolo sforzo, così puoi stenderti sul letto”. Non so come farò: è massiccio.
Sempre appoggiato a me, tenta di rialzarsi, soffocando ben più di un gemito di dolore.
“Forse hai una costola rotta… o forse più di una”.
“Non ti preoccupare. Ci sono abituato”.
“Abituato a tutto questo? Ahh, belle abitudini davvero!”.
“Non è come pensi”.
“Sono in assoluta assenza di pensieri. Anzi, no. Ne ho così tanti che non so quale scegliere, come più probabile”.
Lo aiuto ad adagiarsi piano sul letto. Quindi vado in cucina a cercare del ghiaccio, in frigorifero vedo una bistecca e la prendo, poi in bagno a vedere se ci sono garze, cerotti e disinfettante.
Torno in camera e comincio a medicarlo. La bistecca sull’occhio gonfio, disinfetto le escoriazioni che ha sul braccio e in volto.
“Fai vedere le costole”.
Lo visito piano per non fargli male. Benedetto il corso di pronto soccorso che mi ha fatto fare la scuola l’anno scorso. Ma, appena tocco la costola destra, lui geme.
“E’ rotta”. “Le hai prese di brutto”. “Chi è stato a ridurti così?”.
Si rabbuia in viso. E’ reticente. “Credo sarebbe meglio fare un salto al pronto soccorso, per questa costola”.
“Non ci penso minimamente”.
“In che razza di affare balordo sei invischiato?”
“Stanne fuori. Non sono invischiato in niente”.
“Allora devi dei soldi a qualcuno. Qualcuno che non ama i ritardi”.
“Ho detto restane fuori. Niente debiti e niente che ti possa interessare”.
 “Bel caratterino! E grazie dei ringraziamenti. Credimi non è il caso. Allora, visto che non hai niente e stai bene ed è tutto sotto controllo – e poi, hai Lupin -, io ti saluto. Per il ritratto non ti preoccupare. Sei rimasto momentaneamente senza tele e senza colori, per cui la mia presenza qui è superflua. Quando starai meglio, se vorrai, passa a farmi un saluto”.
Attraverso la stanza a lunghi passi. Si sente il rumore del tacco. Sono ormai sulla soglia.
 “Ti prego, non andartene. Non ora. Non sto affatto bene. Per favore, sei l’unica a cui posso rivolgermi qui. Ti prego”.

*****

"Mistral"  è un racconto a puntate.
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