“Il lavoro rende liberi”, questa la scritta che campeggiava, e ancora permane, dopo essere stata sottratta e recuperata, all’ingresso del campo di concentramento nazista di Auschwitz, in Polonia, il più grande fra gli orribili luoghi di sterminio che caratterizzarono i momenti bui della seconda guerra mondiale. Quanta impostura in queste parole! Infatti, esse nascondevano la tremenda realtà dell’intolleranza, della crudeltà, della negazione di dignità, della perdita di speranza che albergavano in quelle tristi baracche, tra i forni crematori, le fosse comuni, gli esperimenti “medici”. Il 27 gennaio è dedicato alla Shoah. Con la legge n. 211 del 20 luglio 2000, la Repubblica Italiana ha riconosciuto questa data come “Giorno della Memoria” che celebra e ricorda milioni di vittime innocenti e rivolge un pensiero grato a quanti si opposero, salvando vite e proteggendo i perseguitati, a una funesta pagina della storia. Nel nostro Paese, come in tanti altri del mondo, l’Olocausto degli ebrei, sterminati da una perversa ideologia, viene commemorato con cerimonie e manifestazioni, sia a livello istituzionale, sia con iniziative di enti e associazioni. Ugualmente, nelle scuole, non mancano momenti di riflessione sul monito e sugli insegnamenti che i giovani hanno il dovere di trarre dagli errori dei loro predecessori. La Shoah è stata una tragedia unica e senza precedenti, ma è anche importante che tutta questa sofferenza non cada nell’oblio, soprattutto nelle coscienze delle nuove generazioni. Per quanto dolorosi, per quanto traumatizzanti, quegli eventi devono restare ben presenti nella mente e nel cuore di coloro cui è affidato il futuro dell’umanità. Perché non si ripetano, perché la pace e la tolleranza nei confronti dei “diversi”, siano essi di altra etnia o religione, prevalgano e si affermino sempre come valori universali. All’Ufficio Immigrazione degli Stati Uniti, Albert Einstein, interrogato su quale fosse la sua razza, rispose: “Sono di razza umana”.
Grazie infinite, gentile Andrea, per il tuo commento. Dopo aver letto questa poesia, ogni altra parola sarebbe inopportuna. Un carissimo saluto
Daniela Quieti
Hai fatto bene, cara Daniela, a ricordare questa data, solo recentemente, con il passare dei decenni infatti, è emerso il genocidio degli ebrei, inizialemente c’era molta reticenza a raccontarlo e nei miei testi scolastici se ne accennava appena. Ora invece la ricorrenza è ricordata anche nelle scuole e i miei figli hanno letto “Se questo è un uomo” di Primo Levi, che fa parte del programma scolastico. Riporto la poesia con cui il testo, bellissimo e terribile, inizia:
Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un si o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.
Cara Daniela, grazie per aver ricordato questa importante data, l’Olocausto è stato scoperto subito, ma solo con il passare dei decenni siamo giunti alla consapevolezza di quanto orrore si sia consumato. Quando ero bambini neppure i libri di storia ne aggennavano, se non di sfuggita. pochi giorni fa, invece, ho riletto con mia figlia ” Se questo è un uomo” di primo Levi, che è diventato giustamente parte dei programmi scolastici. Riporto qui la poesia con cui inizia:
Primo Levi
Se questo è un uomo
Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per un pezzo di pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.
Bambini,
dagli occhi grandi,
smarriti,imploranti,
a guardare la campagna,
arida e desolata,
orrendamente reclusi;
offesi e schiacciati
ogni pudore e dignità;
vergogna inestinguibile
per tutto il genere umano;
desiderio di riscatto e perdono.
E’ bellissima questa poesia, che si condensa nel desiderio di riscatto e perdono. Complimenti
Daniela Quieti
Grazie