Su Staten Island sorgeva una nuova alba. Erano solo le cinque, ma nell’appartamento al quarto piano, al numero 20 di Richmond Avenue, le luci erano accese. Victoria, figlia di Don Giovanni Michele Pantaleone e di sua moglie Agata, era in piedi davanti allo specchio del bagno, dopo una notte insonne. Si osservava e sembrava vedersi per la prima volta. I grandi occhi marrone, illuminati da striature dorate, erano spalancati su un volto che non le sembrava più il suo.
Dalla morte di sua madre non era più tornata in quell’appartamento, ora tutto sembrava allo stesso tempo familiare ed estraneo. Come il suo viso.
Scoprì, con un tuffo al cuore, di somigliare alla madre come mai prima: gli stessi zigomi alti e pronunciati, lo stesso taglio degli occhi a mandorla, la stessa carnagione.
“E poi dicono che le femmine somigliano al padre!” pensò con tristezza.
Si passò una mano sulla fronte e le sembrò di accarezzare sua madre. Girò il viso, per evitare la propria immagine. Lo sguardo le cadde sulla spazzola posata davanti allo specchio, quale filo bianco e ondulato era ancora impigliato tra le setole. I capelli candidi di Agata. Sentì con dispiacere che stavano emergendo dentro di lei pensieri negativi e reminiscenze dolorose, ricordò con disagio il senso di colpa che sua madre era sempre stata capace di trasmetterle, e istintivamente si passò una mano sul ventre, in un gesto di tenerezza e protezione.
***
Dal libro Il fallo ignorante di Adriana Maria Martino
Questa breve introduzione al libro mi ha fatto riflettere su quanto possa essere complicato il rapporto genitori-figli e su come, avvolte, un’incomprensione possa protrarsi fin dopo la morte.
Sarei curiosa di sapere cosa ha portato Victoria a desiderare di essere completamente diversa da sua madre e cosa le ha procurato quell’immenso dolore che non le ha permesso di perdonare la donna che, a mio avviso, l’ha amata di più.
Spero di cuore di poter leggere il suo libro.
Cara Adriana Maria, il suo libro sarà sicuramente permeato da tanti ricordi, belli e brutti, i quali appartengono a tutti noi, nel rivivere passi della propria vita in ricordo dei genitori che non ci sono più.
Complimenti.
Nostalgie e tanti ricordi, nel ritrovare se stessa la protagonista riscopre sentimenti nascosti e immagini della sua vita un po’ dimenticate. Interessante, vorrei scoprire come va a finire.
Victoria vorrebbe una somiglianza che non ha per placare la sua ricerca di vita.
Nel rosario dei ricordi della madre vede solo i misteri dolorosi. A lei, invece interessano solo quelli gloriosi.
Nella metropoli americana, intrisa di arrivismo, violenza e anonimato, cerca il distintivo di se stessa.
Una consolazione che puo’ trovare unicamente nella sublimazione di un’ ascendenza morale, che la arricchisca di valori umani.
Son certo che il ” Il fallo ignorante ” contenga l’ intelligenza del cuore. La vorrei sviscerare
tutta nella lettura completa.
Gaetano
E’ molto profondo questo racconto in cui si evince la mancanza di sinergia tra la madre defunta (Agata) e la figlia superstite (Victoria) ed il rifiuto di Vittoria di quella somiglianza perfetta con la madre. C’è anche la paura inconscia di ripetere gli errori del passato della madre da parte di Victoria, a sua volta, in gestazione con la sua futura creatura. Complimenti!!!!
.. “ricordò con disagio il senso di colpa che sua madre era sempre stata capace di trasmetterle” ..
come mi ci ritrovo in quest’affermazione;
da queste poche righe mi pare un libro profondo, reale e toccante, spero di poterlo leggere per avere conferma di ciò.
“Si passò una mano sulla fronte e le sembrò di accarezzare sua madre.” toccantissimo, soprattutto quando “istintivamente si passò una mano sul ventre, in un gesto di tenerezza e protezione.” … La volontà di allontanare taumaturgicamente ogni male. Il tocco si fa ricordo e speranza. Sottile e profondo.
Amore, rimorsi e rimpianti e fiducia nella vita.. questo è quello che ci ho visto in queste righe … tutto.
Complimenti Adriana
la morte usata per ripercorrere il passato, dal quale ognuno di noi spesso cerca di fuggire.
bello, interessante e a tratti commovente.
complimenti
La morte di un genitore, indipendentemente dal rapporto che si era creato quando era in vita, è sempre un’occasione per riflettere e per crescere…
Si può provare rabbia e dolore per ciò che è stato e per ciò che non si ha avuto, ma se ci si guarda allo specchio (come ha fatto Victoria) si ravvisa, nel proprio volto, quei tratti identificativi e unici che possedeva pure colui/colei che ci ha preceduto ed ecco allora che quel sottile filo d’unione che si vorrebbe ignorare, si fa strada prepotentemente nella memoria e ti ricorda che comunque non sei un individuo e basta, ma fai parte di una storia che è stata scritta prima di te e che tu stesso scriverai per coloro che ti seguiranno…
Ecco dunque che Victoria non può negare, suo malgrado, di assomigliare fisicamente alla madre, ma perlomeno può far tesoro degli sbagli di Agata per migliorare e dare al figlio che porta in grembo una serenità e una gioia che a lei è sempre stata negata.
La morte come un momento di analisi e di introspezione, un motivo di dolore per ciò che non è stato e che sarebbe potuto essere, ma anche un motivo per migliorarsi e per dare agli altri il meglio di noi stessi…
Grazie all’autrice per aver fatto di quella che presumo essere la protagonista (Victoria per l’appunto) una donna in carne ed ossa, una donna che ha sofferto, ma che è anche pronta a donarsi senza riserve al frutto del suo amore!