Da Treccie sabine –
Treccia degli specchi nei fiumi e nei cieli
– II –
Seduto sulla riva, nel silenzio dell’acqua
che scorre vana e scorre, come assorto nell’acqua
l’uomoperla lambiva diroccata una torre
luminosa di nuvole nel fluir delle nuvole,
tra onde e gorghi rincorre lo sciamare verdastro
del cielo, pescatori curvi intenti a quel nastro
d’acqua e nembi, rincorre la fuga dei castori
che salpano sui rami, sui fluviatili rami…
Ma in quale riflesso
d’acqua, in quale cielo?
Quale chiaro amplesso
oltre specchio e velo?
Da quale incrinatura soffia compatto il vuoto
che tutti ci divide con affannato moto?
Perché scema a orlatura la luce che recide
l’oro e l’ombra del piano danzando insieme al grano?
Dove si fende l’aria dentro il concorde azzurro
per frantumare il mondo con un cenno o un sussurro?
La forma statutaria del gran cogitabondo
universo vivente va nel soffio del niente?
S’inerpica vita
tra specchi e riflessi
buia s’infinita
fulgendo in recessi.
***
da Treccie etrusche
Treccia della stella riflessa nella luce di Perugia
– I –
Tu guardala dall’alto questa stella distesa
sulle curve serene dei colli, già protesa
al piano, contrassalto di pietre alle catene
contorte degli ulivi, degli olmi ombrosi e schivi,
seguila nelle rapide discese delle case
che l’una l’altra tiene con rostri alle cimase,
oltre la buia lapide, la luna che ora viene
lucente si nasconde tra i comignoli e le onde
brevi dei tetti, ecco:
nel cielo si narra
che strano stambecco
qui fece gazzarra!
Un etrusco, celeste sorriso tra le nuvole
si nasconde nel gioco d’archi, bifore e nuvole,
qual ventilata veste s’apre e s’irradia un poco:
non sai se terra o cielo ti chiami oltre quel velo,
se t’inabissi o sali, rondine sulla storia,
se è pietra, ulivo o sogno che veglia la memoria
diafana dei frontali dei templi emersi in sogno:
armoniosa e infranta qui tutta l’Umbria canta!
Sulla Trinità
dorme una capretta:
nell’ubiquità
va e bruca l’erbetta.
***
Dal libro Il felice giogo delle trecce di Paolo Ottaviani
Grazie, Gaetano, per il lusinghiero, impegnativo accostamento ad Ungaretti! Che onore!
Caro Paolo,
non avevo dubbi circa la sua estrazione filosofica.
Le liriche sono permeate da inquietanti , immaginifici concetti filosofici.
E, nonostante, l’ermetismo, hanno respiro grande, proprio in virtù del modo
nuovo di trattare le storie.
Ogni poesia mi sembra paragonabile a un ‘paese’, di memorie, colori, perdite
e riconquiste. Lo stile, curatissimo, rende il timbro dei versi la rispposta alla
plastica fissità delle forme metriche, di cui è senz’altro padrone.
E la musica s’erge fiera, incatena, a tratti lacera….
Complimenti vivissimi!
Carissimo Paolo,
ti scrivo onoratissima per il Dono del tuo libro…
Divorandolo ho avuto modo di andare oltre i concetti pensieri filosici.
La “Treccia” è il filo conduttore, la colonna sonora di 34 liriche che toccano
molti tasti del nostro vivere.
Versi ridondanti, eppure mai pesanti, i tuoi, dedicati ai luoghi, alle persone,
concepiti in forma di lunghi afflati di storia e d’amore.
Hai un uso della similitudine, che io amo in modo particolare, a dir poco fulgido:
“Siamo eco che sorge in questa radura”… questa chiusa della lirica “Treccia della
ragazza dai capelli raccolti” è poesia compiuta in se stessa, evoca Ungaretti, nonostante
la tua lontananza dal poeta della brevità.
Ritmo fortissimo, incalzante in ogni poesia, seguirti è volare a fior di brividi… scelta di ardue
e riuscitissime allitterazioni e assonanze. Eviti il classico, ma sei padrone degli strumenti
lirici. L’incipit era davvero riduttivo!
Conserverò nel cassetto dei ricordi e nello scrigno dell’anima questa perla lucente!
Ti saluto affettuosamente e, se lo gradisci, ti scriverò….
Onorato e grato, cara Maria, della tua generosa, forse troppo generosa, attenzione, sono io!
Un caro, partecipe saluto.
Paolo
Il nuovo Ungaretti, con ” Il felice giogo delle trecce “, si lancia in una sperimentazione poetica all’ altezza dei migliori compositori.
Paolo Ottaviani sa ricavare dai versi una musicalita’ delicata e insinuante. E ci dona di meditare sulle parole per incarnarle nel cuore.
Una melanconia di fondo permea il suoi scritti. Ma la melanconia dei poeti e’ sostanza di verismo..
Gaetano