Matilde tamburellava distrattamente con le dita sul ripiano di granito del tavolo, mentre lo sguardo si spingeva oltre i vetri della grande finestra, oltre il tetto del palazzo di fronte, e si perdeva malinconico nel profondo azzurro del cielo terso, come solo può esserlo dopo una giornata di pioggia intensa, e dove le prime rondini volteggiavano sicure rincorrendosi nei loro giochi amorosi senza tralasciare di ripulire e riparare il vecchio nido, ritrovato dopo la lunga assenza.
Quante volte s’incantava a guardarle invidiandole proprio per quel loro ritorno al vecchio nido, anno dopo anno, che poteva essere impedito soltanto dalla morte; a quel vecchio nido che era la realtà dei suoi anni vissuti nella bella e pacata città antica; il ricordo costante della campagna del suo mondo infantile, per certi versi davvero magico, popolato di tanti amici, di animali, piante e gesti semplici e dal quale non avrebbe, forse nel suo più intimo io, mai voluto staccarsi.
Ed ecco allora che la spensieratezza e la luminosità di quel tempo, che si proiettavano a pochissima distanza da lei, si spengevano malinconicamente e Matilde capiva che erano soltanto apparenti e idealizzati dal trascorrere inesorabile della vita, nonostante tutto. Ma la sua incontrollabile immaginazione le faceva vedere le rondini proiettare, con delicatezza e maestria, colpi di colore sempre più intensi verso l’azzurro senza confini, si lasciava prendere per mano per intraprendere i loro stessi percorsi in quel piccolo paradiso dove riusciva ad aprire, come per incanto, porte e finestre sui chiari ricordi che affluivano dal più profondo del cuore.
Il trillo insistente del telefono la distolse prepotentemente dai suoi pensieri facendola sobbalzare dalla sedia, che trattenne a fatica per evitare di farla cadere con violenza sul pavimento appena tirato a lucido. Andò a rispondere con una sensazione di leggero fastidio, come sempre d’altronde quando qualcosa o qualcuno interrompeva le sue mille fantasticherie.
«Pronto, casa Bertoldi!» rispose seccamente.
«Matilde, carissima, ti disturbo vero? Sono la zia Andreina!
Mi dispiace chiamarti a quest’ora e so che sei molto impegnata, ma avevo urgenza di parlare con te; hai qualche minuto per starmi a sentire?!».
La zia aveva parlato tutto d’un fiato, come al solito, senza dare a Matilde il tempo di rispondere e con tanta affettuosità da far nascere nella nipote un po’ di disagio per la freddezza con la quale aveva risposto, ma non poteva certo prevedere che al di là del filo ci fosse la sua carissima zia «Ma no, zia! Lo sai che non mi disturbi mai quando chiami; sai, mi aveva appena telefonato Francesco elencandomi una serie di incarichi da svolgere tutti entro oggi e per un attimo ho pensato che fosse di nuovo lui!» mentì spudoratamente Matilde.
«Ah, già, come sta tuo marito? È sempre tanto indaffarato?
Ma quando smette di andare a lavoro? E i ragazzi?».
Prima che la nipote le facesse il quadro completo della situazione familiare, aggiunse senza attendere risposta:
«Sai, cara, ho deciso di vendere la casa al mare. Da quando è morto lo zio Pietro mi resta sempre più difficile andarci con i mezzi, e il fatto di tenerla tanto tempo chiusa mi costringe, ogni volta che vado, ad arieggiarla e darle una bella pulita.
Prima lo facevo insieme a lui, ma ora, da sola e con la mia salute non proprio buona, mi riesce sempre più faticoso. E poi, tutte le volte mi chiedo che ci faccio io là, tutta sola, specialmente d’inverno quando la maggioranza degli appartamenti sono chiusi, perché sono utilizzati soltanto per le vacanze, e i negozi di conseguenza, quei due o tre che rimangono aperti, sono naturalmente poco forniti.
Con lo zio avevamo pensato già di venderla e di comperarne una più centrale, ma c’eravamo tanto affezionati che rimandavamo di anno in anno. Ora è giunto il momento! Sono certa che approverebbe la mia decisione perché non sarebbe affatto tranquillo di sapermi con questo impegno troppo gravoso per me».
Seguì un’impercettibile pausa silenziosa, colma di intime memorie e preziosi ricordi, e della quale soltanto Matilde poteva avvertirne tutta l’intensità, perché unica, tra i numerosi nipoti, ad avere ereditato dalla zia la capacità di immergersi nel più profondo io, rivivendo tutti i tasselli che formavano il bagaglio della loro esistenza in maniera quasi fisica, tanto da farle dire ad ogni occasione: “somiglia tutta me la Matilde!”.
«Almeno se ci fossi tu qui vicino!» e un lungo sospiro di speranza e di sofferenza inespresse concluse il discorso della donna.
«Sai bene, zia, quanto sarei felice anch’io di poter essere lì, con te! Purtroppo la vita ci svela i suoi percorsi soltanto dopo aver ricomposto tutte le tessere del suo mosaico. E non ci chiede neanche se ci va bene così, autorizzata com’è dalla nostra stessa volontà e da quella di quanti incontriamo lungo la via!».
Le rispose complice e certa di riuscire a capire la donna anche soltanto ascoltando la voce dei suoi silenzi.
SCHEGGE DI MEMORIA di Mietta Brugnoli – GRUPPO ALBATROS IL FILO, 2011 – pag. 342
Il commento di NICLA MORLETTI
Un libro della memoria ambientato durante il periodo della seconda guerra mondiale. Uno spaccato doloroso della nostra storia fatta di uomini coraggiosi che combattevano per un ideale. Un narrare etico che tratta anche costumi e fatti storici nel pauroso groviglio di situazioni in cui venne a trovarsi la nostra Patria, così fitto da rasentare l’incredibile: a noi che conosciamo la verità del fatto storico, non resta che fare un applauso all’espressione chiara, lucida e obiettiva dell’autrice nella documentazione di eventi e fatti lungo il doloroso calvario di una guerra troppo grande per l’uomo.
Uno stralcio davvero emozionante e vivo che riporta indietro nel tempo ad un periodo comunque ancora poco conosciuto.
Spero di avere il piacere di poter ricevere una copia del libro e approfondire la conoscenza di Matilde.
Stefania C.
emozionanti storie del passato che oramai nessuno scrive più,mi piacerebbe leggerlo
La seconda guerra mondiale mi ha sempre appassionata, vorrei tanto poter leggere questo libro, che sembra riuscire a dare delle immagini profonde e reali di quell’epoca… complimenti!
molto coinvolgente emozionante mi piacerebbe leggerlo tutto
Un tratteggio di vita davvero coinvolgente e ben articolato ci riporta a considerare la forte intensita di un legame, a quanto pare, vissuto da lontanto, ma non per questo meno intenso di una volta, come a stabilire che il gemellaggio dell’anima supera distanze sconfinate e riporta intatto in noi il personale calore di chi avvertiamo vicino comunque, anche attraverso le silenziose pause di un discorso al telefono. Complimenti all’autrice per la capacità di descrivere e fare intravedere in poche righe il percorso di una vita e l’anima delle due donne.
Mariolina La Monica
” Schegge di memoria ” di Mietta Brugnoli descrive un rapporto – quello fra zia e nipote – coi suoi i risvolti psicologici ed emozionali.
Si cerca nel passato per dare soluzione al presente. Come sempre accade. E come (quasi) sempre si tende a dimenticare.
Gaetano