Tempus manet –
La lentezza dell’ore è spietata,
per chi non aspetta più nulla.
Cesare Pavese
Tutto quello che resta della mia vita
è il tempo. Tempo che ramifica
nel tempo, insemina la carne,
infuria negli ipogei della mente,
gli stessi che il giorno lenisce
d’inganni quieti e certi, certi
come la vita che è trascorsa,
come la vita che trascorre.
È il tempo stagione dell’ animo
perpetua, nell’ effimero gorgo
di azioni e mutamenti, di incontri
e di addii, nostra terra di riporto
a stemperarne le orme salde
e aspre d’infaticabile destriero.
Ma nel volo dei giorni non fugge
né allenta la presa:
sta, spia, insidia, come radice
che da crepacci di abissi aerea rinserri
in fulmineo cappio il piede.
E noi qui, indumenti del destino,
un cambio dopo l’altro a propiziare
nuove finzioni e nuovi clamori
mentre inenarrabile, colpo a colpo,
dai sagrati del cielo,
tempus manet.
***
La casa del tempo
Passa sotto la nostra casa qualche volta,
volgi un pensiero al tempo ch’eravamo ancora tutti.
Mario Luzi
Sempre torna alla memoria la sponda
alta del mattino sciogliersi in chicchi
di luce alle persiane e la voce
di mia madre traboccare
dai profumi di cucina.
Mistero ha il tempo andato più di quello
che ci aspetta e stupore sempre nuovo
le consunte cose che lasciammo
ignari nella casa dell’età bella,
ignari di loro vita.
Ecco, qui, adesso, in questo lembo
di spazio che fu mio per tanti anni,
mio come il respiro o lo sguardo
o il battito del cuore,
s’accende frammento di pena
fra rughe di polvere
avvizzita in gesti e parole.
Rimbomba il tempo da stanza a stanza,
da quadro a quadro e scrigno s’apre
al dolore e resa accorata è
il foglio stinto di grafie amate,
ciò che resta del nostro passaggio,
del nostro fare.
Del nostro voler esserci.
Ma nell’ irrefrenabile flusso
di vita che attanaglia,
inganna e si ripete con l’arco
rapido del cielo che uguale
a se stesso mi sogghigna,
scacciare il germe del naufragio
per farne nuova spiga,
questa è la sfida che ci è data.
Questo è ciò che m’appartiene.
Tutto il resto sia fremito d’ali,
lumeggiare scheggiato appena
dalla fuga dei giorni.
Controcanto di Angela Ambrosini – Prefazione di Alessandro Quasimodo
Edimond/poesia, 2012 – pag.86
Il commento di NICLA MORLETTI
È suggestiva e suadente questa raccolta di poesie di Angela Ambrosini, edita da Edimond, prefazione di Alessandro Quasimodo. Un florilegio di emozioni, tenerezze e palpiti del cuore. E’ fresca ombra di vita questo sussurrare in versi, questo fermare il tempo nel fluire morbido della poesia, nel ricordare una trepida infanzia quando “crucci improvvisi rigano giochi tranquilli”. Di lontano, “sotto il peso della luna, sta il cipresso, mentre si fa petalo il pensiero…”. Leggerezza di parole, scivolare lento di sensazioni, morbide visioni avvolgono il lettore in una spirale di grande, persuasiva poesia. L’elaborazione dei componimenti poetici di Angela Ambrosini scaturisce da profonde matrici estetiche e culturali, dalle quali l’autrice ripropone in una forma sostanzialmente originale, con accenti chiaramente simbolistici, il parallelo tra natura e condizione umana, tra condizione umana e concezione esistenziale che può trascendere talora l’ineluttabilità del futuro, malgrado la consapevolezza del proprio destino. Il tutto in un’estetica solare, per la trasparenza delle immagini attraverso la mediazione del sentimento. Angela Ambrosini, come ho scritto più volte, è poetessa dallo stile inconfondibile, che sa ben esprimere la sua spirituale essenza in liriche armoniose e dense di pathos. L’immagine di copertina di Controcanto è un acquerello della madre di Angela Ambrosini.
Poesia struggente e nostalgica, i sentimenti prevalgono.
Un ritorno all infanzia. “La casa del tempo” mi ha particolarmente colpito, due semplici righe colme di significato, un desiderio di ricordare il tempo ormai trascorso e coloro che hanno vissuto quei giorni e non voler essere dimenticati.
Una poesia che riscalda l anima e fa vivere certe sensazioni del tempo che scorre.
Grazie, Patrizia, per le tue parole, testimonianza tangibile del potere evocatore che l’infanzia risveglia in tutti noi. A chi gli chiedeva da dove venisse, la scrittore argentino Julio Cortàzar rispondeva “Vengo dall’infanzia”. Territorio mitico che tutti accomuna, oltre il tempo.
“Vengo dall’infanzia” è semplicemente e in modo sconcertante semplice e meraviglioso.
Il tempo regola, orienta, guida, sovrasta la nostra vita; spadroneggia sulla nostra vita (“sta, spia, insidia, come radice che da crepacci di abissi aerea rinserri in fulmineo cappio il piede”). Non siamo noi a dare un tempo alle nostre azioni, ai nostri amori (“nuovi finzioni e nuovi clamori”), ma è il tempo che, come burattinaio crudele, ci fa muovere (“noi indumenti del destino”); e a noi resta solo la sensazione di essere liberi e padroni di noi stessi e della nostra vita. E intanto il nostro “tempo terreno” fugge ed è terribile rendersi conto di “non aver vissuto”. La lirica, con belle ed appropriate metafore, esprime rimpianto e dolore nell’angosciosa presa d’atto della verità e dell’impossibilità di cambiare le cose. Ho provato anch’io, talvolta, questa sensazione; pertanto, sento vicina l’autrice.
La memoria del passato felice e delle persone che amammo e non sono più (“il foglio stinto di grafie amate”) ritorna perché è dentro di noi; ci chiama, ci invita con canto suadente di sirene, ci tende, quasi, degli agguati; e noi corriamo il rischio di lasciarci andare, di “naufragare”. Tuttavia, il senso della la vita, che “attanaglia, inganna e si ripete” è andare avanti; è, appunto “scacciare il germe del naufragio per farne nuova spiga” anche in nome di coloro che non ci sono più aggiungo io. Anche questa è una sensazione che, purtroppo, ho vissuto molte volte! Bellissima e toccante questa seconda lirica.
Mi farebbe immensamente piacere leggere la silloge.
Ester Cecere
Cara Ester,
grazie per la tua vibrante interpretazione, perfettamente aderente alle mie intenzioni e in sintonia con il sottinteso, spesso invisibile a chi non è aduso alla lettura di versi. Evidentemente chi scrive poesia vive in simbiosi con ciò che legge, soprattutto sapendo che le parole, quelle orali, così volatili, purtroppo spesso “inutili scivolano sui vetri”. Ho letto le tue poesie pubblicate nel portale che ci ospita e a mia volta ti esprimo la più sincera ammirazione per la tua capacità di colpire il bersaglio in modo direi fulminante, con la forza dell’aforisma e insieme l’attenta delicatezza del lirismo esente da maniera.
Lascia il tuo indirizzo alla redazione e volentieri ti spedirò una copia del libro, così come altrettanto volentieri riceverei anche io una copia del tuo “Come foglie in autunno”…! Possiamo fare uno scambio di doni? Sarebbe davvero bello.
Sperando di conoscerti presto di persona, ti invio i più cordiali saluti.
Angela Ambrosini
Controcanto controtempo ?
L’ affascinante Angela Ambrosini non dualizza cosi. Ma invita ad impegnare le ore al servizio dell’ essere.
Vale anche godere un tramonto bellissimo. Perche’ ricarica l’ anima. E non e’ tempo sprecato.
Ma tempo d’estasi illuminata.
Gaetano
Grazie Gaetano per le tue riflessioni: “al servizio dell’essere” è sicuramente mio obiettivo prioritario.
Mi sembra di ricordare che hai già letto e recensito altre mie opere e che hai una visione abbastanza articolata della mia scrittura. Oltre ad essere un lettore sensibile.
Angela Ambrosini
Carpe diem.. diceva qualcuno.. ed è quello a cui mi vien da pensare leggendo queste poesie… cogli l’attimo e ferma quel tempo, inarrestabile, inafferrabile, che porta con sè la nostra giovane età, ma ci ripaga con le esperienze che arricchiscono la nostra anima e ci portano a pensare al tempo passato, e descriverlo con queste dolci parole…
complimenti all’autrice…
già dalla copertina vorrei leggerlo
Grazie, Maddy, per il tuo giudizio. Se vuoi saperne di più sulla mia concezione del tempo, nucleo tematico focale della mia poesia, non ti resta che dare il tuo indirizzo alla redazione.
Angela Ambrosini
Spedisci, cara Maria Rosaria, il tuo indirizzo alla redazione.
Angela Ambrosini