CAPITOLO VIII –
La tortura mentale –
Fui distratta dalle mie constatazioni dall’aprirsi della porta ermetica della cella. Entrarono Caio Serpido e due guardie.
“Oggi visita oculistica. Il sorteggiato è il numero 547921” esordì perfidamente.
Gli altri si guardarono tra di loro per scoprire, dalle reazioni del volto, di chi si trattasse. Io mi astenni da questa pratica perché sapevo già di chi si trattava: il numero 547921 ero io. Ingoiai una delle pasticche che mi aveva dato Casimiro Dolphin. Volevo verificare di persona la loro potenzialità. A questo scopo mi sembra giusto chiarire che non si trattava di una droga ma di un concentrato di vitamine e sali minerali che rende l’organismo più forte.
“Alzati!” ordinò Caio Serpido. Le due guardie mi sollevarono di peso e mi condussero in una stanza al piano di sotto, nonostante le mie proteste. Con la forza mi legarono a una sedia molto simile a quella utilizzata dagli oculisti ma io sapevo con assoluta certezza che non si trattava di una visita ma di qualcosa di diabolico. Mi misero in testa un casco munito di visore e diffusore acustico. Da quel momento chiusi gli occhi e non li aprii più fino a quando non mi tolsero quell’apparecchio.
Caio Serpido, dopo aver acceso l’altoparlante in modo che tutti, sia all’interno dell’edificio che in ogni città di Magicland potessero udire, spiegò cosa sarebbe accaduto a tutti i ribelli:
“Io, Generale Caio Serpido, autorizzo l’esimio scienziato Cornelio Crudens ad avviare la procedura 666 approvata dall’unico imperatore del regno di Magicland, Sua Maestà Brutus Kroeger. Vi spiegherò brevemente in cosa consiste questa nuova punizione riservata a ribelli, disertori, anarchici e a tutti coloro che non condivideranno le opere e le idee di Sua Maestà Brutus Kroeger, unico essere pensante. Il condannato viene immobilizzato su una sedia con in testa uno speciale casco, il brevetto 666 che, in un’ora, bersaglia il reo di immagini, suoni, voci, informazioni che costringono la sua memoria ad imparare tutto il sapere che può essere contenuto nel più grande computer del mondo, sia di Magicland che di Osmond. Voi sapete che ciò è umanamente impossibile. Questo eccessivo sforzo provocherà, entro cinque ore dall’avvio della procedura, l’esplosione del cervello del condannato. Dottore, avvii la procedura.”
Io non sentii questo discorso poiché, anche se la procedura non era ancora stata avviata, ero già isolata tramite il casco. Udii queste parole solo alcuni giorni dopo e mi sentii male sapendo quale sarebbe stata la mia fine se qualcosa, in quel bislacco ragionamento, non avesse funzionato.
Le mie orecchie furono massacrate da numeri, dati, logaritmi, formule chimiche, statistiche. Nonostante avessi gli occhi saldamente chiusi le mie palpebre venivano attraversate da rapidi flash. Non avevo la minima idea di cosa significasse ciò ma mi rifiutai di ascoltare e guardare ogni cosa.
“No!… No!… No!…” a intermittenza si propagavano le mie urla disumane a cancellare ciò che con la forza mi si obbligava a sentire e vedere.
Quell’apparecchio era stato creato per “iniettare”, “somministrare” dosi eccessive di sapere. Ciò che depositava nella memoria era come una specie di virus che ha lo scopo di far impazzire il detenuto e condurlo a una morte lenta e atroce.
Quando mi riportarono nella cella con i miei amici tutti sapevano cosa mi aspettava tranne me. “No!… No!… No!…” continuai a gridare per espellere tutte quelle cose estranee dalla mia mente. Nessuno cercò di fermarmi. Mi rotolavo per terra e urlavo. Ero completamente fuori di me. Dopo cinque ore tirai un pugno per terra così forte che ruppi il pavimento e feci crollare la stanza al piano di sotto distruggendo la macchina infernale e lasciando tutti senza parole.
I soldati di Kroeger si spaventarono poiché la loro inespugnabile roccaforte era stata irrimediabilmente danneggiata. Si era aperta una crepa nel muro e noi potemmo andarcene indisturbati approfittando di quel momento di generale imbarazzo che si era creato. Ingoiai la seconda e ultima pastiglia di Dolphin che mi fece passare il mal di testa. Leonardo da una parte e Azzurro dall’altra mi sostenevano ma non ne avevo bisogno. Ero intontita ma in grado di camminare da sola.
Oltre a noi e agli ex banditi c’era una manciata di persone del popolo tra cui il più combattivo sembrava un certo Luca che si fece immediatamente arruolare dal capitano Carota per la causa di Magicland. Egli, prima di sposare la sua amata Annarosa, desiderava ardentemente fare in modo che la sua futura moglie e i bambini che si auguravano di avere potessero vivere in un mondo governato sensatamente.
Ercole Zinardi, noto giornalista, non smise un minuto di prendere appunti e fare domande agli ex banditi. “Una volta tornati a casa scriverò un articolo a quattordici colonne sulla nostra avventura… ma che dico un libro! E sarò promosso redattore capo del giornale!”
E dicendo questo mostrava i bicipiti e i pettorali scolpiti da anni di palestra e diete appropriate. Egli non era brutto o cattivo ma aveva una presunzione tale da renderlo indigesto a tutti, compresi noi suoi compagni di classe. Se lo avessimo lasciato là sarebbe stato lo stesso ma poi a casa forse lo reclamavano e allora optammo per recuperarlo.
“Hai buttato giù la prigione di Selenia!” esultò Azzurro.
“Non esagerare. E’ crollata solo la cella in c’eravamo tutti noi” lo corresse Emma.
“Non ho mai visto una forza così” commentò Patriota.
“Avevano brevettato una tortura per i ribelli ma non ha funzionato” spiegò la Zamponi.
“Ora andiamo al campo base e mettiamo in ordine le idee. Abbiamo diversi nuovi alleati e le prossime ore saranno decisive” illustrò Carota.
Il clima si era decisamente rasserenato e si parlava anche di cose un pò più leggere. Quella mia vittoria era all’origine di tutto quel benessere che avvertivamo nell’aria…
Si sarebbe sperato di non incontrare i guerrieri di Kroeger e invece continuavano a seminare il terrore a Magicland. Ci imbattemmo in diversi gruppetti di tre o quattro cavalieri al massimo ma ci bastò nasconderci per non farci vedere. Ci andò bene fino a quando non incrociammo una brigata di una ventina di elementi e dovemmo dileguarci in fretta. Io mi ero seduta un attimo su un tronco e Azzurro e Leonardo erano vicini a me. Mi alzai improvvisamente per fuggire anch’io ma, nella confusione generata da quello sgradito incontro, prendemmo tutti direzioni diverse e, se la maggior parte di lì a poco si riunì, io mi smarrii nella foresta, che non era quella di Boscoscuro ma era altrettanto insidiosa.
Quando fui sicura che nessuno mi stava seguendo mi fermai per capire dove mi trovavo. Ciò non era facile perché ero forestiera ma se avessi riconosciuto un albero o una particolare caratteristica naturale dei luoghi che avevamo attraversato quel giorno avrei potuto facilmente orientarmi nella direzione della foresta di Boscoscuro.
Come se non bastasse il cielo era piuttosto scuro e minacciava un temporale coi fiocchi. Cominciò a piovere lentamente. Camminavo senza sapere dove stessi andando e non mi sarei affatto stupita se invece di allontanarmi mi fossi riavvicinata ai soldati di Brutus Kroeger. La pioggia aumentò d’intensità. Nel cielo balenò la prima saetta, seguita dal rombo assordante del tuono. L’acqua scendeva giù come una cascata e io ero fradicia. Il bosco era sempre più cupo e fitto. Vagai in quelle condizioni per un paio d’ore poi, assalita dalle prime vampate di febbre, mi fermai, anzi no, mi gettai a terra. Il fragore dei tuoni era sempre più vicino. Improvvisamente sentii un boato più forte degli altri. Istintivamente mi rotolai per terra per alcuni metri e, quando riuscii a vedere distintamente il luogo in cui mi trovavo poco prima, mi accorsi che c’era un enorme tronco che era stato spaccato in due ed era crollato.
“Coraggio, non puoi arrenderti” ma non riuscivo a rialzarmi. Tentai più volte ma mi rovesciai di nuovo. Quello non era uno di quei temporali estivi che durano un quarto d’ora e poi torna il sole. Quello era lo scatenarsi delle forze della natura, il loro ribellarsi all’umanità.
Vedevo solamente tanti bambini saltellare allegramente ma… non stava piovendo? Sì, addosso a me continuava a piovere ma qualche metro più in là c’era uno splendido sole. “Posso farcela” dicevo ma poi, dopo nemmeno due metri, ero nuovamente a terra. Un po’ più in là c’erano delle fanciulle che intrecciavano delle ghirlande di fiori. Mi osservavano ma nessuna di loro veniva in mio soccorso. “Alzati, Agata, fallo per chi crede in te.”
Riuscii a sostenermi a un tronco e a non cadere subito. A tentoni, aggrappandomi ai rami e agli alberi mi diressi verso le fanciulle e i bambini e lo scenario si allargava e comparivano vecchine che lavavano i panni nel fiume. “Andate a casa, stupide, non vedete come piove?” ma loro mi guardavano con sguardi beffardi e non rispondevano. Giungevano pure i soldati a cavallo ma non mi vedevano. Il mio passo era incerto e mi sentivo la testa scoppiare, spaccarsi in due. Non so con che forza riuscissi ancora ad avanzare.
Il giardino degli dei di Nadia Meriggio – Edizioni Tigullio-Bacherontius, 2008
Il commento di NICLA MORLETTI
I soldati di Kroeger, pastiglie di Dolphin, apparecchi creati per iniettare e somministrare dosi eccessive di sapere, suoni, voci, informazioni che costringono la memoria ad acquisire tutta la conoscenza che può essere contenuta nel più grande computer del mondo, sia di Magicland che di Osmond. Questi sono solo alcuni degli ingredienti che fanno parte del tessuto narrativo del romanzo: “Il giardino degli dei”, dalla trama singolare e originale. E poi ci sono le idee di sua Maestà Brutus Kroeger e la tortura mentale. La curiosità aumenta. Un io narrante convincente, coinvolgente, avvolgente con le sue spirali di creatività e fantasia e uno stile fluido, moderno e snello danno un tocco di abilità nel destreggiarsi tra le varie scene catapultate in un’epoca a noi sconosciuta. Mistery e Fantasy si fondono, si amalgamano, si uniscono per dare vita ad una storia che ha il privilegio di catturare l’attenzione di qualsiasi lettore, anche quello più pigro, data la velocità delle azioni e il coinvolgimento emotivo che desta ad ogni pagina in questo “giardino degli dei”.
Tra pasato e futuro,
facendo uno scongiuro,
” Il giardino degli dei ” presenta
un sito che tormenta :
la dittatura dell’ informazione,
suprema condizione
per governar sui pianeti sconfinati
che la fantasia degli umani ha creati.
Dietro qualche paradosso,
dell’ essenza sta l’ osso,
e un grande insegnamento,
che puo’ lasciar sgomento:
attenti alla droga della conoscenza
che non fa rima con sapienza.
Meriggio ci insegna l’ umilta’ ,
insuperabile negli spazi dell’ eternita’.
Gaetano
Un libro molto insolito in cui effettivamente sembrano mescolarsi vari generi. Lo stralcio mi ha molto incuriosito.
Avrò la possibilità di ricevere una copia omaggio?
Grazie e buon Natale!
Stefania C.