Quel che resta del tempo di Daniela Quieti

Quel che resta del tempo di Daniela Quieti

Quattro passi in un’antica città

Venite nella mia città! Vi aspetto, all’imbrunire, sul nuovissimo “ponte del mare”, l’agile capolavoro urbanistico che unisce le due riviere di Pescara: la nord e la sud.
Vi terrò impegnati un paio d’ore, il tempo di una passeggiata… promesso!
Prima di muoverci, diamo “uno sguardo dal ponte”… verso le montagne… le cime del Gran Sasso disegnano nel rosa del tramonto il mirabile volto della “bella addormentata”.
Se spostiamo lo sguardo sulla sinistra, ci emoziona e intimidisce il massiccio della Majella, la Montagna Madre.
Sotto di noi i pescherecci risalgono il “vetus flumen” dopo una lunga giornata di lavoro. I pescatori ci salutano e noi ricambiamo il loro saluto.
Nel porto turistico galleggiano pigramente gli yacht e le sartie tintinnano al vento. L’orizzonte è sconfinato nel verde Adriatico e la città offre una pigra immagine della sua spiaggia, dei suoi palazzi, delle sue colline. Non lontana la stele del teatro D’Annunzio.
Scendiamo verso Piazza Italia.
Ci sono i palazzi delle Istituzioni, del Municipio (con le tante epigrafi che narrano la storia e le gesta degli eroi), della Provincia e del Governo (con gli altorilievi delle principali risorse economiche e, nella sala della Giunta Provinciale, l’affascinante tela di Francesco Paolo Michetti “La figlia di Iorio”).
C’è al centro della piazza la leggiadra fontana dello scultore Di Prinzio.
Superato il ponte Risorgimento, c’inoltriamo in via delle Caserme, nella vecchia Pescara.
Alla nostra destra, il lungo caseggiato del “Bagno borbonico”, il carcere disumano in cui furono rinchiusi martiri e patrioti abruzzesi del Risorgimento, i compagni di Settembrini e Pisacane.
Le “catacombe” erano sotto il livello del fiume e, secondo la testimonianza di un prigioniero illustre, Clemente De Caesaris: “quel carcere era un inferno dantesco dove languiva gente sepolcrale… agonizzando in una fogna ove altri non terrebbero un cane”.
Questi luoghi sono visibili entrando in uno dei più affermati musei pescaresi, quello delle “Genti d’Abruzzo”.
Alcune celle appaiono, infatti, collocate nel piano inferiore del vetusto fabbricato.
Prosegue De Caesaris nella sua agghiacciante descrizione: “i corpi dei detenuti sono tutti affroliti, la tisichezza e lo sputo di sangue sono malattie endemiche del luogo… le tenebre, lo sfacelo, il fetore sono la espressione dei sepolcro”.
De Caesaris sopravvisse perché Garibaldi lo fece liberare.
Saliamo al primo piano dei Museo delle Genti e scopriamo la ricca documentazione della storia e delle consuetudini locali: reperti archeologici rinvenuti in Abruzzo, testimonianze della cultura agro-pastorale come attrezzi, vestiti, fabbricati tradizionali. Molte e tutte interessanti sono le sale tematiche.
Usciamo. Ci aspetta una vera perla del patrimonio artistico regionale: il Museo Cascella, che riveste una particolare importanza perché, nato come laboratorio di Basilio, capostipite dell’illustre famiglia, ospita le opere di quella che Michele Cascella definì la “Cascelleria”.
In quelle stanze (era anche la casa in cui abitava Basilio) sono state incise le pietre litografiche che hanno dato vita alla stampa della famosa ed elegantissima rivista d’arte “L’illustrazione abruzzese”. E ci sono le opere di Tommaso (che vinse la Biennale di Venezia), del più rinomato Michele, solare pittore di fiori e campi aperti, degli scultori Pietro e Andrea, del ceramista Gioacchino e di altri com-ponenti della famiglia.
Se saremo fortunati, potremo partecipare a un “salotto musicale settecentesco”, un’occasione non solo per riscoprire la buona musica, ma anche per contestualizzarla, facendo riemergere l’illustrazione del periodo in cui ogni brano è stato concepito e creato.
E ora riprendiamo il nostro mini tour, addentrandoci di nuovo nelle stradine della vecchia Pescara.
Da Piazza Unione, giù per il corso, incontreremo la casa natale di Ennio Flajano, poi a pochi passi troveremo quella del Vate; ne ammireremo soprattutto il chiostro.
Torneremo sul corso intitolato a Gabriele Manthoné, eroe assieme a Ettore Carafa della breve stagione di libertà che vide protagonista la fortezza di Pescara negli anni della Repubblica Partenopea.
La sera queste due vie si animano di giovani, di locali tipici dai buoni odori di cibi genuini.
In Piazza Garibaldi c’è il monumento ai caduti scolpito da Pietro Cascella che ha lasciato a Pescara diverse altre testimonianze del suo genio.
Di fronte alla Cattedrale di San Cetteo, martire e patrono della città, “precipitato” nel fiume con un grande sasso al collo nell’anno 597, troviamo qualche rudere dell’antica chiesa di Santa Gerusalemme.
Entriamo nella cattedrale. Vediamo San Francesco orante nella grotta della Verna, un prezioso dipinto del Guercino donato da D’Annunzio all’abate.
E poi il crocifisso di Donatello (tratto dallo stesso calco di quello più famoso che sovrasta l’altare maggiore nella basilica di Sant’Antonio a Padova). E ancora la tela rappresentante la “Regina dell’Itala Gente” del pittore Giuseppe Felici di Macerata, il monumento funebre (opera dello scultore Arrigo Minerbi) dedicato a Luisa De Benedictis, madre di Gabriele D’Annunzio.
Imponente e dal suono eccezionale l’organo presente all’interno della chiesa, in canne dorate, uno dei più famosi e prestigiosi della regione.
Usciamo… è sera. I vicoli della città vecchia sono rischiarati da lampioni di luce calda. Via Ennio Flajano ci accoglie in un abbraccio che ha il profumo degli aforismi dell’ironico scrittore pescarese: “Ormai non desidero che ciò che mi offrono ripetutamente”.
Fine della passeggiata… in pizzeria.

Quel che resta del tempo di Daniela Quieti – Ibiskos Ulivieri, 2013 – pag. 89
Ordina questo libro con dedica autografa dell’autrice

Il commento di NICLA MORLETTI

“Ho riunito, in questa raccolta, articoli scritti in momenti diversi ma collegati da uno stesso filo conduttore: il fascino del passato che resta tuttavia indelebile nella memoria individuale e collettiva” scrive Daniela Quieti nella Premessa al libro.
L’autrice, abruzzese doc, trascina il lettore nel magico mondo della sua terra, tra ricordi, sapori, odori, feste di paese, con il ritmo lento dello scorrere delle stagioni, velato da una dolce e struggente malinconia, quel tanto che basta per rendere accattivante e seducente la lettura di: “Quel che resta del tempo”. Ci troviamo così immersi tra: “I segreti del cielo di Pietro Cascella”, “La Madonna del Fuoco la fiamma del cuore”, D’Annunzio e ‘A Vucchella’, “Le virtù che non tramontano”, “Album in rosa”, “Il giro d’Italia fra la gente d’Abruzzo” e molti altri racconti ancora.
Da queste rasserenanti e piacevoli pagine emergono echi profondi dell’abruzzesità di Ignazio Silone, con la sua civiltà contadina, l’amore per la terra, la cultura degli antichi costumi e l’umanità degli umili. Un libro sicuramente da leggere e di ampio respiro, ricco di profumi, morbidezze ed echi lontani.

13 Commenti

  1. Ambienti, emozioni e personaggi della storia collettiva e della microstoria individuale riaffiorano con una scrittura accattivante da un passato che si fa interprete di nuove premesse.
    Complimenti vivissimi.

  2. Un libro capace di far sperare in un mondo migliore in cui si rivalutino l’essenziale e la serenità interiore. Si legge in un soffio per lo stile scorrevole e i contenuti accattivanti. Grazie all’autrice.

  3. È un libro che fa riflettere sui tempi talvolta esasperati dell’odierno stile di vita, ma che fa anche sperare in un recupero dei valori essenziali e di una serenità interiore e sociale.
    Complimenti all’autrice.

  4. L’Italia è ricca di fascino di tradizioni e opere storiche che la rendono unica.. e questi versi sono un vero e proprio viaggio ad occhi aperti in questa bella città.. una descrizione dettagliata, ma non per questo annoiante, e anche chi, come me, non è mai stato a Pescara, può godere, con questa viaggio, di queste bellezze a lui sconosciuto…
    complimenti all’autrice per aver saputo raccontare la sua città senza annoiare il lettore..

    • Gentilissima Maddy, è vero, l’Italia è ricca di fascino, di tradizioni e opere storiche che la rendono unica… e come sfuggire, pure nella narrazione, a quello che siamo e sentiamo nell’anima. Conservo un’impronta indelebile della mia abruzzesità ed è un grande piacere per me condividere le emozioni di “Quel che resta del tempo” con altre storie e memorie. Grazie di cuore per l’attenzione e un carissimo saluto.

  5. Un viaggio in Pescara e nella storia,
    per risvegliare la memoria
    e nel presente rivivere il passato
    che forse dai ricordi e’ stato cancellato.
    Daniela ci guida con l’ emozione
    di una cronista d’ elezione
    e c’ illustra dei progenitori
    le gesta, gl’ intenti e pure gli errori.
    ” Quel che resta del tempo ” bisogna sfogliarlo
    con l’ intento di considerarlo
    un racconto in molte versioni,
    a seconda dei protagonisti e delle condizioni.
    Questa e’ un’ altra opera di livello
    della Quieti, un modello
    su cui i nuovi narratori
    dovrebbero imparar nei loro umori.
    Sempre bionda e affascinante,
    Daniela e’ una penna importante
    per rinnovare dell’ Abruzzo dimenticato
    i fasti del suo (letterario) passato.
    E ogni suo libro che vede la luce
    pian piano ci conduce
    ad affermar senza fraintendimenti :
    qui la penna e’ un gioiello di sentimenti.

    Gaetano

    • Gentilissimo Gaetano, desidero esprimerLe i più vivi ringraziamenti per l’apprezzamento dedicato a me e alla mia opera e per questa poetica, bella e generosa composizione che mi emoziona in modo particolare e che ricevo come un prezioso medaglione decorato da un’elegante cornice di amabili gemme: allegoria di condivisione letteraria, storica, territoriale e, soprattutto, umana che comprende la ragione del mio scrivere. Grazie, grazie infinite e un caloroso saluto

  6. Desidero esprimere i più sentiti ringraziamenti al Direttore Responsabile Nicla Morletti per la lusinghiera recensione dedicata al mio libro “Quel che resta del tempo” e alla Redazione tutta del portale Manuale di Mari per l’alta qualità dell’elaborazione grafica. Essere presente in questo eccezionale spazio accompagnata da così gratificanti parole di apprezzamento è per me motivo di viva gioia.
    Un caloroso saluto a tutti.
    Aff. ma

    Daniela Quieti

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