Fandango

    2
    212

    Le diede la mano nell’ombra accennata della sala. Lei si alzò e lo seguì, il vestito che frusciava sulle sue  gambe si apriva ad ogni passo lasciandole libere di muoversi sinuosamente. La seta blu  avvolgeva dolcemente il suo morbido corpo fasciandole la vita , salendo dava forma ad una scollatura sensuale che accarezzava il seno e, correndo su due sottili lacci annodati sulle spalle, si inabissava lungo la schiena e giù, giù. Si guardarono negli occhi per qualche secondo, immobili, al centro di un   luminoso cerchio perfetto, si sentiva il loro respiro e quello sarebbe stato il ritmo che avrebbero seguito.  Lui si abbassò di qualche centimetro  per sfiorarle i capelli con un bacio e spostandosi di lato le sussurrò all’orecchio “Siamo io e te.” Lei sorrise poggiando il capo sul suo petto: “Sì – disse.” La musica li trovò così, quasi impreparati, ma fu solo un attimo di incertezza, poi passo dopo passo iniziò il  fandango. Avvicinarsi ma non toccarsi, sfiorarsi appena e allontanarsi: questa era la loro danza,  una vertigine dei sensi che bruciava l’aria attorno, sguardo a cercarsi per scambiarsi l’anima. Implacabile passione senza via d’uscita. Avevano tentato di  finirla,  ma non vi erano riusciti: non sapevano stare insieme e non potevano stare da soli. Una storia che andava avanti tra furiose gelosie e dolci slanci d’amore reciproco,  un tormento al quale non riuscivano a rinunciare perché parte di loro stessi ormai. Li abitava entrambi e li divorava ogni volta che uno dei due se ne andava via di casa sbattendo quella stessa porta dalla quale sarebbe rientrato un po’ di tempo dopo per ritrovarsi  con i segni di un’assenza impossibile da colmare. Ma stare insieme, stare insieme. Non sapevano come fare perché non conoscevano mezze misure, non coglievano le sfumature l’uno dell’altro, e non vedevano oltre ciò che  era necessario solo per sé stessi. L’ultima volta era stato lui a contattarla per chiederle di partecipare a quella importante gara di ballo, illudendosi che non si trattasse dell’ennesimo ritorno lei aveva risposto di sì. Avevano provato per ore, avevano scelto la musica ed i costumi di scena insieme, ma mantenendosi a giusta distanza, rispettando il tacito patto di non sconfinare più in quel campo minato che erano stati loro due insieme.  Adesso a  tempo  di musica calibravano i passi l’uno verso l’altro, i gesti fendevano l’aria, i cuori stanchi per la tensione accumulata cominciavano a ritrovare leggerezza proprio nella danza che era loro congeniale.  Ancora avvicinarsi senza toccarsi, allontanarsi e ritornare a sfiorarsi, si guardavano increduli, lei gli scivolava accanto sensuale e dolce, lui la osservava con tenerezza. Non era poi  difficile amarsi così.  Quasi alla fine del fandango lui si fermò col respiro affannato, con una mano  fece cenno ai musicisti di continuare mentre lei rimase a guardarlo con ansia,  le gambe paralizzate, gli occhi colmi di lucide domande. Le si avvicinò sorridendo, afferrandole le mani e portandosele dietro la schiena, poi mise le sue su quel viso che lo scrutava in cerca di  risposte,  scostò le ciocche di capelli che facevano da fragili barriere per la sua bocca e la inondò di baci. Dolci e piccoli baci, teneri e sensuali spirali d’amore che li avvolsero  nella luce soffusa della pista da ballo, e la musica al di fuori  a scandire un nuovo ritmo da vivere insieme.

    2 COMMENTS

    LEAVE A REPLY

    Please enter your comment!
    Please enter your name here

     Togli la spunta se non vuoi ricevere un avviso ogni volta che c'è un commento in questo articolo
    Aggiungi una immagine