Agosto. L’agosto afoso, timido di una lingua di terra tra l’Adige ed il Po. La pelle umida e la camicia sbottonata, scenario aperto sulla pancia pronunciata e sulle canottiere bianche, quelle usate dai nonni di queste terre. Quelle con le bretelle sottili e le sottili righe.
C’era un ventilatore, in un angolo, che muoveva l’aria calda. Girava lentamente, astuto, consolidando nei commensali la stessa situazione umida ed allo stesso tempo di sollievo. C’erano parenti lontani, in questa notte nata così, un po’ per caso. Avrebbero dormito tutti a casa mia, una casa semplice, trasformata per l’occasione in luogo di festa e di incontro. Parenti emigrati in quelle grandi fabbriche delle grandi città del nord, nel dopo alluvione, in cerca di miglior fortuna.
L’abbandono della libertà ed allo stesso tempo della durezza che offriva la vita rurale in cambio di uno stipendio fisso ed un cartellino da timbrare ad orari ben precisi e quindi la possibilità di comprare una casa vera con bagno e acqua calda che esce dai rubinetti.
La voglia di trasformare questo incontro in interminabile, assieme alla lontananza da casa, divennero proprio i motivi insoliti ed imprevisti per dover riorganizzare le stanze da letto ed i divani, ed ospitare adeguatamente tutti i cugini, per trascorrere la notte.
Le ultime ammucchiate di parenti sono ormai lontani ricordi, risalgono a quasi 30 anni fa.
Ricordo quando ero piccolino, nelle notti d’agosto.
Guardavo all’insù e c’era l’alone di farfalle ed insetti, attaccati al soffitto attorno al lampadario circolare, al neon. Finestre aperte per il caldo, senza zanzariere di rete. Solo “barriere” di spirali Vulcano. Ricordo che, ogni tanto, durante la serata usuale, composta da Almanacco, Previsioni del tempo, Telegiornale, carosello e film di prima serata alle 20 e 40, assieme ai miei primi sbadigli qualche insetto cadeva giù sul tavolo, stordito, con un tonfo secco, quasi fosse di plastica.
Ora i sistemi disinfestanti sono cambiati. Magari siamo tutti più avvelenati, ma di insetti e zanzare nemmeno l’ombra. Apparecchietti elettrici e spray invisibili ed inodori creano barriere, metodi moderni che hanno fatto sparire la puzza delle spirali Vulcano. Quella piccola brace, accesa sopra il piattino del caffè, sulla linguetta d’acciaio, compagna della notte, assieme ai grilli e ai cani lontani, irrequieti.
In questa serata atipica respiravo aria di festa, ormai dimenticata, chiasso e umido, proprio come da anni non si riscopriva più.
Aria di fiducia, di fratelli, cugini e parenti che assieme hanno condiviso un percorso ma che poi hanno scelto una vita diversa, tanto da fingere quasi di non capire il nostro amato e unico dialetto.
Aria di chi porta il tuo stesso sangue e che ti sembra in qualche modo legato, vicino.
Una lauta cena. E a seguire salame, pane biscotto e vino a volontà. Risate e lacrime, tanto da formare un suono misto di pianto e allegria, il tutto mescolato dall’imperterrito ventilatore.
E anche ora, come allora, i bimbi iniziavano a sbadigliare, ma non mollavano i videogiochi. I più piccoli cercavano la mamma ed i pantaloncini corti del loro pigiamino.
Punti & Linee di Alessandro Trentini – Ilmiolibro, 2012 – pag. 108
Il commento di NICLA MORLETTI
Alessandro Trentini scrive in maniera sobria, scorrevole, asciutta, moderna. Ecco sì, la parola giusta che caratterizza il suo narrare è “modernità”, o meglio attualità. Pensieri che si susseguono nelle pagine in un ritmo incalzante ed eterogeneo. Ben descritte le atmosfere, gli stati d’animo, le sensazioni ed emozioni. Emergono gli affetti familiari, la dolcezza e la purezza del figlio ancora piccolo, la forza del padre che ha vissuto la guerra e la fame e che sta combattendo, con la sua coscienza sana, una malattia senza scampo. Valori sacri quelli della famiglia di un tempo, poi gli anni sessanta fino ad oggi, l’era digitale. E l’uomo deluso dalla vita. L’autore cerca la sua collocazione in questo nostro strano mondo moderno, si interroga sui suoi perché e si domanda: “Cosa ho realizzato io in tutto questo tempo?” “Punti e linee. Punti e linee…” scrive. I pensieri non rimbalzano così a caso. Tutto è dettato dal profondo sentire. Tutto è scritto con il cuore e con la mente. Ed è questo che piace di più nella narrazione e che caratterizza la scrittura di Alessandro Trentini: la genuinità e la schiettezza. La chiarezza e la riflessione. Immediatezza e scioltezza nel narrare fanno di questo libro un’ottima lettura, in cui ciascuno di noi potrà ritrovarsi come riflesso in uno specchio in questo mondo in cui i valori stanno sempre più scomparendo. In questo mondo in cui c’è sempre più bisogno di amore. Un libro da leggere sicuramente per i contenuti dal profondo significato e per l’ottimo scorrere narrativo, dallo stile chiaro e sobrio. Prendo congedo da queste belle pagine aspettando altre che ne seguiranno con il piacere di aver letto un buon libro.
Ritrovarsi per un emigrante
e’ una gioia fra le tante
che cancella quella nostalgia
che masce dalla melanconia.
Il punto fermo e’ il paesello,
le linee sono le strade verso quello.
L’ emozione per una rimpatriata
val ben una notte insonne e agitata.
Alessandro qui rivive nel raccontare
quelle gioie un poco amare
che inaffiate da un quartin di vino
sembran sogni di un bambino.
Gaetano
Grazie Gaetano!
Mi fa piacere che queste poche righe ti abbiano risvegliato bei ricordi di un tempo!
Bello questo breve estratto del romanzo, mi sono ritrovata in queste parole e in queste atmosfere che anch’io ho vissuto durante l’infanzia e che ora sono diventate un lontano ricordo, intriso di nostalgia.
Lo trovo un romanzo attualissimo e vero, ben scritto e con un narrare molto scorrevole che fa trasparire sentimenti e pensieri veri, ricchi di belle emozioni. Complimenti all’autore!
Grazie Teresa!
Hai colto nel segno!!