Se te fùse morto ‘n màe di Amilcare Mario Grassi

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Se te fùse morto ‘n màe di Amilcare Mario Grassi

Perché mamma quel ridere buio –

Perché mamma quel ridere buio
di marmi il freddo nel sentire?
Non era di carne il tuo toccare
donna strappata bambina
ai sogni e alle voglie
e io bambino senza colori
a cogliere presto del vivere lo sparire
i corvi neri sopra ai tuoi occhi.

Perché nè mà kór rìdee scùo

Perché nè mà kór rìdee scùo
de marmi ‘r frédo ndér sentìe?
I n’éa de càrna ‘r tù tocàe
dòna strapà fantìna
ai sómi e àe vòge
e me bibìn senza colói
a cògee fìto der vìvee le spaìe
i còrvi néi sóvre ài tù òci.

***

Una condanna di memoria quel marmo    

Una condanna di memoria quel marmo
scaloni da pulire per te bambina
in casa dei signori di un paese foresto,
Foresta anche tu.
Lizzature nelle orecchie, ravanéti
di una terra lontana ma vicina.

‘Na condàna d’arcòrdo kór marmo

‘Na condàna d’arcòrdo kór marmo
scaón da strusàe per te fantìna
‘n ca di signói de ‘n paé?o foèsto,
Foèsta* anc’a te.
Lizatùe ndi oéci, ravanéti
de ‘na tèa luntàna ma vi?ìna.

* Foresta è il nome della madre dell’autore

***

Una condanna di memoria quel marmo    

Liberato dei suoi signori
contadino vestito a festa
alla sua messa comandata,
un sigaro e il suo borsalino
in piazzetta si fermava
occhi vispi e ballerini,
col suo ridere sotto i baffi
era la gioia di mia madre.

Libeà dai su signói

Libeà dai su signói
contadìn vestì dàa fèsta
àa su mésa comandà,
en sigào e ‘r su borsaìn
en piazèta i sa ferméa
òci vìspi e baleìn,
kór su rìdee sóto ai bàfi
giéa a ?òia de mi mà.

***

Se te fùse morto ‘n màe di Amilcare Mario Grassi – Passigli Poesia, 2012 – pag. 119

Il commento di NICLA MORLETTI

Il dialetto è una lingua familiare, qualunque sia la famiglia. Se non c’ è famiglia dove parlare non c’è dialetto.” Così esordisce Maurizio Maggiani nella prefazione al libro di poesie “Se te fùse morto ‘n màe”. Ed è proprio così. I versi in dialetto di Amilcare Mario Grassi hanno veramente qualcosa di familiare, oltre allo scorrere rapido e alla musicalità che li caratterizzano. Il testo poi in lingua italiana non fa altro che impreziosirli di quella loro soavità e cadenza ritmica. Non mancano gli affetti familiari, emerge l’amore che l’autore nutre per la sua terra, per la sua Castelnuovo Magra, per la verdeggiante bellezza della Liguria dal paesaggio che incanta il cuore e la mente. Si susseguono nello scandire dei versi immagini palpitanti, pensieri e fantasmi, come scrive nella presentazione Carlo Di Alesio. Ma il ricordo più forte di tutti è sicuramente quello del padre, accompagnato con grande amore fino all’ultima soglia. Si sparge anche, gioioso tra le rime, il cinguettio dell’assiolo che sembra tagliare l’aria densa, brillano giocose le mattine di luce ed i monti, giù in fondo, incappucciati, sembrano frati. Si delineano dolcemente i ricordi di bambino, mentre in paese giocava “nei portici a fuggire”. E la descrizione dei passeri tra i rovi con la visione dei cipressi in fila conferiscono a quest’opera quel tocco di grande e persuadente poesia, nelle rime e nel periodare assorto, proprio come hanno fatto i grandi del nostro novecento, da Pascoli a Quasimodo, da Giudici a Bertolani. “Se te fùse morto n’ màe” è stato pubblicato da Passigli Editori nella collana “Passigli Poesia” fondata da Mario Luzi.

1 COMMENT

  1. La poesia in dialetto
    toglie dal sospetto
    che sia un artifizio letterario,
    un esercizio un po’ temerario.
    Perche’ i suoi versi,
    scolpiti e tersi,
    han parole dai secoli forgiate
    nel vissuto delle persone anate.
    E Grassi attinge da questo vocabolario
    per istruire il suo rimario :
    ove il lemma e’ sempre impastato
    dalle note di un cuore soggiogato.
    E allora sprofondiam nella lettura :
    mi raccomando, senza paura
    di scoprire una lingua speciale
    che e’ il dialetto quando vale.

    Gaetano

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