Notte d’Estate

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    La notte si stendeva nei pressi della Torre e la luna ammiccava al mare sottostante dicendo: "Fammi tuffare nelle tue acque". Il mare compiacente l’accoglieva.
    Fabio, appoggiato alla balaustra, guardava lontano e fumava una sigaretta: aveva la testa colma del pensiero di lei. Anzi, della rabbia del pensiero di Anna. Avevano appena discusso. Litigato, a dire il vero. Litigato di brutto, non come le altre volte. E’ che lei a volte era davvero assurda e questa volta lui non sarebbe sceso a nessun compromesso.  Fumava nervosamente. Di quella sigaretta non stava gustando nulla.
    Sulla punta del molo, Celeste aveva gli occhi lucidi e nervosamente continuava a guardare il cellulare. Forse attenteva una telefonata. O un messaggio che, chiaramente, non arrivava nei tempi previsti. Giacomo continuava a farsi gioco di lei ma, questa volta, era decisa a non permetterglielo. Questa, sarebbe stata davvero l’ultima volta. E non sarebbero servite tutte le manovre di rabbonimento che Giacomo aveva in serbo. Con le lacrime prossime a straripare, guardava il movimento del mare. Avrebbe voluto affogare tutto il suo dolore in quelle profondità. Il dolore e la rabbia.
    Poi prese a camminare avanti e indietro, rimuginando su quella specie di loro relazione. E la rabbia cresceva a dismisura dentro di lei.
    Fabio, dall’altro lato, si era incamminato verso il molo. Oltrepassò le barche tirate a riva. Quando fu quasi arrivato notò quella giovane donna che camminava nervosamente, quasi parlando da sola. Un’altra matta, pensò.  Riprese il suo cammino, buttandole un occhio di tanto in tanto: i matti è meglio tenerli d’occhio. Certo che è un peccato che sia svitata, pensava Fabio, così carina…
    Giacomo non aveva ancora chiamato. Celeste si sedette rassegnata sulla banchina, con le gambe a penzoloni. Guardava fisso il suo telefonino tenuto fra le mani.
    Poi, senza pensarci su, e con tutta la voce che aveva in corpo, urlò "Vaffanculooooo". Il telefonino prese il largo dal suo corpo, accompagnato dalla mano, si sollevò del tutto e partì al rallentatore per una destinazione sconosciuta. Pareva che avrebbe volato lontanissimo, verso altri pianeti, ma poi si abbassò e si inabissò con uno "splash" nel mare sottostante. Finito. Morto, presumibilmente.
    Fabio, poco distante da lei, aveva seguito tutta la scena e aveva compreso che forse non era così matta come sembrava. A dire il vero, ora che stava singhiozzando, gli dispiaceva. C’era voluto poco a capire che era una questione di cuore, forse d’amore.
    Fabio era sempre stato uno che si faceva gli affari suoi ma… derogò a questo suo sempre.
    Si avvicinò con cautela. Si sedette a fianco a lei. Senza dire niente le porse un fazzoletto. Lei lo prese, senza nemmeno guardarlo, e pianse ancora più forte. Fabio provò una tal tenerezza che le prese le spalle. Sentiva il corpo di lei tremare mentre piangeva ancora. Allora provò a sussurrarle qualche parola di conforto. Pareva cadessero tutte in quel mare. Lei piangeva di un pianto inconsolabile ed era in un suo mondo che pareva non accorgersi che c’era un altro mondo. E che lì, al suo fianco, c’era una persona!
    A Fabio si straziava il cuore a sentirla e non poter far nulla.  Allora si fece coraggio, prese un bel respiro, delicatamente le girò il volto e, fra le lacrime e i singhiozzi, la baciò delicatamente. Come per incanto il pianto si fermò.
    Un raggio di luna si intrecciò al movimento dell’onda…

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