Altro che riflettere. I miei pensieri conducevano sempre allo stesso punto: le sue labbra.
Nel frattempo il tempo scivolava via come sabbia in una clessidra, sabbia calda che facevo scivolare tra le dita, seduta sulla battigia a guardare il mare.
In spiaggia, mio figlio si divertiva, io mi abbronzavo (ero sempre più nera e mi sentivo sempre più pimpante), mi divertivo, conoscevo gente. Ma quel chiodo piantato nel cervello non ne voleva sapere di sfilarsi. La domanda che mi ponevo continuamente era: cosa succederà?
Ed effettivamente qualcosa accadde. Mio marito telefonò da Roma per dirmi che non poteva più venire a prenderci e che, quindi, dovevamo tornare in treno, da Napoli.
E penso capirete. Sapevo eccome cosa voleva dire questo per me. Poterlo rivedere.
Così fu. Ma non come pensavo e desideravo io: volevo affogarmi nei suoi baci, magari lassù a Posillipo, di fronte a tutto il Golfo, come quando eravamo giovani e ci bastava poco per trovare un posto anche se non sapevamo dove andare ad amoreggiare.
Invece finimmo in un albergo, bello e con vista sul mare. “E’ così che si fa da adulti, no?” mi disse.
Era ormai un affermato professionista nel settore legale. Non aveva certo tempo per caffè, chiacchiere, scherzi, risate. Insomma, per qualsiasi tipo di preliminari.
Quello che motivava entrambi era esclusivamente il desiderio di riprovarci. Null’altro.
Avevamo una gran voglia l’uno dell’altra e volevamo poter capire se dopo tanti anni le nostri epidermidi erano ancora “consenzienti”.
Quello che fu, non è il caso che lo racconti. Ci tuffammo uno nelle braccia dell’altro come se ci desiderassimo da sempre ma solo provare a descrivere le nostre emozioni e cosa provammo, toglierebbe tutta la bellezza ed il calore di quei momenti irripetibili. Almeno per me. Ma questo lo posso senz’altro dire: non ci deludemmo. Anzi, senz’altro gli anni passati e le esperienze accumulatesi alle nostre spalle ci avevano reso migliori, se non in senso fisico, sicuramente nell’approccio con l’altro.
Poi calò il buio. In tutti i sensi.
Gli chiesi quando ci saremmo rivisti. Mi rispose: “La prossima volta che verrai a Napoli”.
Fu in quel preciso momento che compresi che quella che stavo vivendo (quasi in oggettiva, come se stessi guardando un film) non era affatto una storia che si apriva, ma una sporadica eccezione nelle nostre vite. Ed io che ci avevo ricamato per due settimane.
Ed avrei continuato a pensarci perché era stato così “spumeggiante”.
Ma la storia non si sarebbe chiusa lì.
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“Stoppino bagnato” di Catluc è un racconto a puntate pubblicato nell’ambito dell’Iniziativa “E giunse Amore” lanciata dal Blog degli Autori insieme a Zenzerocandito. Per maggiori informazioni e partecipare segui questo link.
Molto avvincente questo racconto. Aspetto con ansia il seguito!
Questa è la parte più “vissuta” del racconto..assaporatela