Amatissima dai piccoli, la Befana, da epifania, cioè manifestazione, è una favolosa vecchietta che distribuisce doni ai bambini buoni, ma cenere e carbone a quelli disubbidienti, nella notte fra il cinque e il sei gennaio. L’iconografia la rappresenta in ciabatte, lunga gonna scura e rattoppata, grembiulone, scialle e ampio cappello. E, soprattutto, mentre vola sui tetti a cavallo di una scopa.
La nascita di questa tradizione popolare, antichissima, magica e pagana ha, come tante feste, un’origine agricola, come allegoria di una natura consunta che, immolandosi a una nuova primavera, vuole lasciare un bel ricordo ai più meritevoli, augurando un prossimo ciclo di prosperità. Il folclore si fuse poi con elementi cristiani e la Befana portò doni come i Magi a Gesù Bambino. La leggenda narra che i tre Re, essendosi smarriti sulla strada per Betlemme, chiesero a una vecchia di accompagnarli. Ma questa non poté. In seguito, se ne rammaricò così tanto da mettersi a cercare il piccolo Gesù in ogni casa, recando strenne a tutti i bimbi nella speranza di trovare il Redentore. A Gesù i Magi portarono oro, incenso e mirra, simboliche offerte del mondo reale per adorare il neonato Salvatore dell’umanità. Essi consegnano regali, regali materiali. Ma, in questi giorni dell’apparizione di Gesù, quanto di più può essere regalato ai tanti bisognosi della terra, specie ai bambini malati, a quelli poveri, a quelli senza genitori o senza patria, senza casa, senza ospedali, senza medicine. Se solo l’Epifania servirà a diminuire, non certo a sconfiggere – sarebbe un’utopia – le tante piaghe del mondo, avremo celebrato nel modo più giusto e generoso lo spirito dell’evento natalizio, quello di tendere una mano a chi soffre. E, come non ricordare i versi di Giovanni Pascoli che, nella sua poesia “La Befana”, rivolge un pensiero alle diversità sociali e alle miserie umane, attenuate solo dalla fede e dalla speranza: ”…La Befana vede e sente;/ fugge al monte, ch’è l’aurora./ Quella mamma piange ancora/ su quei bimbi senza niente./ La Befana vede e sente./ La Befana sta sul monte./ Ciò che vede è ciò che vide:/ c’è chi piange, c’è chi ride:/ essa ha nuvoli alla fronte,/ mentre sta sul bianco monte.”
Complimenti per questa bellissima poesia, che “toglie l’inverno
dal cuore,/ come germoglio di mughetto d’aprile/ colto/ da un bambino festante/ i cui occhi pregano la gioia.
Con viva cordialità
Daniela Quieti
Grazie, Lele, per il bel commento che mi hai dedicato. Speriamo che i buoni propositi di questi giorni si trasformino, davvero, in attivo impegno.
Un caro saluto
Daniela Quieti
L’ acrobata
Il sottile acrobata
sul filo di Arianna
risolve il labirinto della mente
toglie l’inverno
dal cuore,
come germoglio di mughetto d’aprile
colto
da un bambino festante
i cui occhi pregano la gioia.
Il clown si ferma un attimo
guarda stanco
con la testa raccolta
tra le mani.
Vede con nostalgia
i finestrini illuminati
del treno vuoto
che si allontana senza rumore
veloce nella notte.
Francesco Paolo Percoco
Quando ero piccolo, ricevevo regali semplici, di “altri tempi”, solo dalla Befana che, peraltro, non mi portava mai esattamente ciò che chiedevo nelle letterine e sempre anche un po’ di carbone, quello vero! Ma era un momento magico di attesa e di fiducia. Da domani si torna alla solita routine. Speriamo che il messaggio evangelico si trasformi in opere e condivisione nei cuori di tutti. Complimenti e saluti carissimi da Lele