Tutto vince l’amore

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Il 14 febbraio è la festa di San Valentino, tradizionalmente dedicata agli innamorati. Il suo nome deriverebbe dal latino valorem tenens, cioè chi persevera nel valore, o da valens tyro, valoroso soldato e, forse, racchiude in sé varie figure di martiri. Secondo alcune narrazioni, nel terzo secolo, l’imperatore romano Claudio aveva proibito i matrimoni perché riteneva che i celibi fossero preferibili come soldati. Ma un sacerdote di nome Valentino, ignorando il veto, continuò a officiare unioni in segreto. Fu imprigionato e, mentre era in attesa di essere giustiziato, restituì miracolosamente la vista alla figlia cieca del suo carceriere, scrivendole come frase d’addio “dal vostro Valentino”. Si racconta anche di un Valentino, medico, che assisteva i malati che non erano in grado di pagarlo e di un Valentino, vescovo di Terni, perseguitato e ucciso sotto l’imperatore Aureliano perché aiutava i cristiani. La prerogativa di protettore dell’amore risalirebbe, però, a un culto pagano dell’antica Roma, alla festa in onore di Lupercus, il 15 febbraio, che era associata a riti di fecondità. Divenuti, nel tempo, troppo dissoluti, furono vietati da Augusto e, in seguito, definitivamente aboliti da Papa Gelasio che, nel 496, designò il 14 febbraio giorno di celebrazione di questo martire cristiano. La consuetudine di festeggiare la ricorrenza scambiandosi “Valentines”, doni e biglietti d’amore, sembra, tuttavia, rifarsi alla cultura anglosassone, secondo cui il santo donava alle giovani coppie un fiore del suo giardino, tradizione citata finanche da Geoffrey Chaucer nell’opera onirica “Il Parlamento degli Uccelli”, in relazione alla promessa di matrimonio di Riccardo II d’Inghilterra ad Anna di Boemia. Anche Ofelia, nel terzo atto dell’Amleto di Shakespeare, recita: “Sarà domani San Valentino, ci leveremo di buon mattino, alla finestra tua busserò, la Valentina tua diventerò”. Il più antico documento di “Valentine” tramandato è quello che Carlo d’Orléans, segregato nella Torre di Londra dopo la disfatta di Agincourt, nel 1415, inviò a sua moglie, scrivendole: “ma tres doulce Valentinée…” Ma fu nel Rinascimento, nel fiorire dell’arte, della poesia e della musica, che San Valentino si legò romanticamente all’immagine di Cupido, “l’amorino” simbolo, la cui freccia trafigge profondamente il cuore. Il significato espresso da questa ricorrenza trascende ogni moderna commercializzazione e resta, comunque, per chi lo desidera veramente, un giorno di unione, di pace, di condivisione, di baci, un giorno in cui “Tutto vince l’amore: e che anch’io ceda all’amore”.

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Daniela Quieti

Daniela Quieti è nata e vive a Pescara. Docente di Lingua e Letteratura Inglese, dirige le collane I campi magnetici e Dal mito alla storia per le Edizioni Tracce. Iscritta all’Albo dei giornalisti pubblicisti, cura rubriche di cultura e tradizioni per le testate online Thema L’informazione, Agricoltura Oggi, L’eterno Ulisse, e per le riviste I fiori del male e Il Porticciolo. Ha partecipato attivamente a rassegne e convegni internazionali ed è membro di giuria e consulente linguistica di concorsi letterari. Ha pubblicato i libri di poesia I colori del parco, Cerco un pensiero, Uno squarcio di sogno, L’ultima fuga; di narrativa Altri Tempi, Echi di riti e miti, Quel che resta del tempo; di saggistica Francis Bacon La visione del futuro. Ha vinto numerosi premi e riconoscimenti alla Cultura tra cui Città di Penne, Un Bosco per Kyoto, Città delle rose, Scriveredonna, Città di Empoli Domenico Rea, Città di Pontremoli, Città di Cattolica.

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