Aspettami –
Aspettami, oltrepasserò
la linea dell’incerto
e arriverò da te,
là dove le Galassie
sfavillano d’assoluto.
Apri quella porta
che conduce verso mondi
d’estasi divina,
beatitudini che si snodano
tra spume di tintinnii di silenzi
e cosmiche chiaroveggenze.
Insieme scopriremo il miracolo,
la luce che giardini disvela
d’assolate ninfee,
girasoli di mattutina
iridescenza,
foglie che come calici
si protendono al cielo.
Sulle nostre anime
scenderà ogni benedizione.
La sete di divino
scioglierà nell’oblio
i vissuti vertiginosi,
i santuari della solitudine,
gli aneliti verso gioie
sconosciute al cammino terreno.
***
Simmetrie di presagi
Nei tuoi pensieri c’erano voli
di falchi impazziti
nella luce del meriggio.
Simmetrie di presagi riempivano
le ampolle dell’anima
in cerca di singulti
pervasi di nostalgie esistenziali
e unguenti di beatitudini.
Alitavano scaglie
di carezze lontane
e dal tempo saliva
sussurro di voci
che spezzava il silenzio
ammutolito, asfittico, ansimante.
L’attimo rubava alla vita
respiro di nuvole
e il trapasso appariva vicino,
ineludibile sorte.
Lucentezze di bucaneve
si allineavano tra le crepe
di perdute malinconie
e altezze lunari dialogavano
con il tuo io liquefatto
in schiuma d’eucalipto e acacia.
Soccorrevano stridi d’altrove
alle parole stanche
di momenti ritmati d’inverno,
algebriche figure
tinte di noia
e screpolati ricordi.
Il soggiorno terrestre cantava la fine
e tu gettavi l’amo al Signore
verso mete d’infinita dolcezza.
***
Sui cuscini dell’immenso
Mi mancano i tuoi passi leggeri
sull’asfalto della vita,
le parole che odoravano
di mimosa nello sfavillio
del mattino,
le vertigini di pensieri
che s’inebriavano di brezza marina.
E ora che tutto è passato
colgo i segni della tua presenza
nel luccichio di una lampara
solinga, silente, serafica,
ingorda di placidi notturni,
nella cima di un abete
proteso all’infinito,
nello scalpitio di una fiamma
nelle sere d’inverno.
E ora che i ricordi danzano
attorno all’ortocentro del mio essere,
sbadigliano dell’anima i richiami,
si fanno volo di libellula
nel cammino verso il sole.
Riconduco i contorni del tuo viso
ad antichi alabastri
in bilico tra geometriche
aperture alari
e fosforescenti segmenti spirituali.
Qui rivive la nostalgia
delle tue pupille blu
tra gli interstizi del creato
e il lento procedere dei giorni.
Sei carezza che si adagia
sui cuscini dell’immenso.
***
Dal libro Arcobaleni lunari di Elena Bartone
Nella notte che si fa oscura, la luna non fa paura.
E anch’ essa dispiega un arcobaleno.
Esso e’ visibile sopra tutto nelle anime, pero’. Laddove Elena Bartone individua le fasi di un ‘atmosfera che, pur rispecchiando quella palese del quotidiano, ne eleva le potenze all’ infinito.
Gaetano