Le gocce si riannodano nei veli lacerati
lieve memoria della pioggia
ormai lontana,
i suoni ed i profumi s’aggirano tra menestrelli saltellanti
avvolti nella levità delle anime colorate
tumultuose e leggere,
che s’imbrividano
attraverso i rami, le case, le acque
nell’aria sospesa.
Trattengo la mia mano che si tende
per accarezzare gli alti grappoli di glicine,
che sorridono trasfusi dalle viole,
pendolando sul muro screziato
a mostrar il mattone rosso vivo
dove occhieggia verdissimo il muschio
tra le crepe ricolme di scintille d’acqua.
Rosari luccicanti scivolano sui rami
e invitano le foglie bronzate
al rintocco di richiamo
per i merli rincantucciati nella nebbia
tra odori di limoni ed aranci
fusi in spire di bergamotto.
Tendo la mano verso il sole
che si fonde in una candela nascosta
tra l’erba alta sotto i carrubi
mentre il padre della pazzia
rinchiude nel suo sacco sdrucito
i venti che si scuotono.
Tendo la mano
e la ritraggo in pugno sfiorando
la vecchia maga adunca che s’allontana
seguendo il sentiero dei nuovi raggi della luna
e si sorprende di raccogliere l’impalpabile gioia
dei folletti invisibili e ciarlieri
nel silenzio,
che fanno compagnia ai bimbi increduli
lasciando le loro impronte sui prati ammorbiditi.
Tendo la mano dove il pesco, il pero ed il mandorlo
spargono i loro petali
dispersi
dalla pioggia nell’aria sospesa.
***
Dopo un violento temporale primaverile… al tramonto (Nota dell’autore).
Immagine: Rain in an Oak Forest, Ivan Shishkin (1891), particolare