Trattengo tra le dita una piccola rosa appassita, schiacciata tra le pagine di un quaderno a righe scritto con inchiostro ormai marroncino: il fiore sembra conservare gelosamente i suoi ricordi, con i petali ancora scarlatti che s’intrecciano con uno sfilacciato nastrino di seta rossa un tempo avvolto intorno al gambo ormai minutissima polvere. Frammenti fragilissimi di un amore che doveva essere stato grandissimo, ritrovati casualmente in un cassetto di una scrivania americana del primo ‘900, ma mai ricercati perché ne ignoravo l’esistenza.
Avrò aperto e rovistato in questo cassetto mille volte, rimestato tra le sue carte altre mille volte, sbirciato tra caleidoscopi e binocoli di cartoncino, bussole, rotelle conta passi, piccoli pesi di vecchie bilance, minuscoli block notes con disegnate, ora a penna ora matita, con o senza pentagramma, note su note musicali, foglietti volanti con una scrittura criptica che mai sono riuscito a decifrare.
Solo ora guardo con tenerezza questa nuvola di bambagia ingiallita e diradata, che apro con attenta tenerezza, racchiusa tra le pagine riempite con una calligrafia impossibile sino all’inverosimile, dove il batuffolo si è rincantucciato per tanti anni.
Nulla di più potevo aspettarmi se non l’immagine di mio nonno e della tante cose che si divertiva a raccontare così come gli erano accadute.
Le pagine di questo quadernetto sono ora per me come la cassetta di un film, un magnifico film che proietto nella mente mentre scorro i fogli bruniti.
“Libro di Memorie — Ricordo” e, più giù sotto, un ‘immagine a rilievo che raffigura una lira formata da violette intrecciate a un mirto ancora oggi verdissimo, con tre corde dorate tuttora come ieri, ormai cent’anni or sono, e tra esse un “t’amo” scritto in minutissima grafia che una volta scoperto e letto appare alla mente come un enorme manifesto.
Portandomi questo quaderno sul petto, guardo il cielo dove le nuvole, spinte dal vento dolce, s’intrecciano e si diradano come bambagia sgranata ed ecco che mi pare che dalla rosa evapori, come un effluvio, una figura che si forma e si dissolve, si riforma e si scioglie ancora, disegnando un signore vestito inappuntabilmente, con le due punte di un bianchissimo fazzoletto che sbirciano dal taschino della giacca, un sottile bastone da passeggio ancorato sul gomito; un artista tormentato dalla musica, signorile, sottilmente arguto, se vogliamo, stravagante ma piacevolmente gradito a chi gli era intorno.
Sul quaderno è scritta una data: a Sava, 9 Gennaio 1889, ma il diario parte con la narrazione da Francavilla Fontana nel Settembre dello stesso anno.
Finito, con eccellenti risultati, il liceo a Ostuni, spinto dalla passione per la musica che sembrava endemica in ogni componente della mia famiglia, chiesi a mio padre, Fortunato, di poter continuare ad approfondire il mio approccio con la dolce musa delle sette note. Questo voleva dire chiedergli di andare sino a Napoli posto che solo lì vi erano alte scuole e posto che, in quel tempo, oltre Napoli, che godeva dei privilegi di essere stata, bene o male, una capitale, non vi era nulla.
Dopo l’esperienza dei miei due fratelli maggiori, Peppino e Raffaele, che mandati a Parigi tornarono con molta arte ma poco mestiere, mio padre tentennò non poco prima di concedere anche a me il permesso di lasciare la ricca campagna che avevamo a Francavilla per tentare la sorte in altri lidi.
Ma fu proprio la condivisa passione per la grande musica che convinse il mio genitore dallo sguardo sempre severo reso, più cupo dai lunghi basettoni che gli incorniciavano il viso fin quasi al mento.
Sì, studiare bene significava andare dove si faceva cultura e si coltivavano i musicisti del domani.
Il forte desiderio di avere intorno chi faceva e chi suonava musica a livelli professionistici costrinse il mio burbero genitore a consentirmi di lasciare il mio paese, grave e sonnacchioso, per migliorare il mio sapere musicale in un centro dove le scuole fossero di altissima qualità: egli si mise a sognare e, sognando, immaginò che almeno uno dei suoi figli sarebbe diventato un grande compositore… Mascagni… Puccini… Boito e visto che gli altri figli non pareva che riuscissero nell’intento, non gli restava che tentare con me che ero l’ultimo nato.
Mi chiamò, quindi, un giorno di settembre, prima di pranzo sul terrazzino assolato posto a mezzogiorno, mentre le donne di casa si affaccendavano, aprendo e schiudendo ripetutamente la finestra avendo cura di mantenere gli scuri chiusi per mantenere la stanza da pranzo in una penombra di frescura.
La sala era squarciata da lampi di luce accecante che fiondavano improvvisamente all’interno per attirare verso Tortale le avide ed appiccicosissime mosche della vendemmia che venivano spinte fuori dai grembiuli agitati con ritmo sapiente.
Duro in volto e guardandomi fissamente don Fortunato Cavallo, aggiustandosi l’eterno scollino blu, mi disse:
“I tuoi fratelli in appena quattro giorni arrivarono a Parigi ma poi, dopo gli studi, per tornare a casa hanno impiegato anni. Ora non si muoveranno più e amministreranno con me la proprietà; loro la musica se la faranno a casa e se vorranno ascoltarla durante le esecuzioni, se la canteranno e se la suoneranno da soli o, al massimo, sentiranno la banda del paese nella cassarmonica in piazza…
Tu, però… da te voglio ” s’interruppe come folgorato fissando il muro tinteggiato a biacca dove il sole penetrando in un anfratto dell’intonaco ombreggiato dalla
pergola, aveva disegnato ombre tremolanti.
“Mascagni, vedi?”
“Dove?” Chiesi sorpreso.
“Là, là sul muro.”
“Mascagni sul muro!?”
“Il profilo di Mascagni, non lo vedi?”
“Ah, sì….mi pare.”
“Oòh Ercolì! Come mi pare? E’ lui… è apparso come le ombre cinesi.”
Nel frattempo la pergola, con la complicità del sole, quasi comprendendo il mio patema d’animo, aveva cambiato lo scenario sul muro bianco illuminato dove ora un grosso geco arrivato da chi sa dove, se stava pacione sul muro sotto il sole ancora cocente e senza alcuna cautela, e pareva molto interessato a quel che stava dicendo mio padre.
“Papà, io non vedo niente se non una ributtante lucertolaccia da muro.”
“E per forza, tu sei moscio! Ora non c’è più.”
“Se ne è andato… Mascagni?!” esclamai timidamente, immediatamente pentendomi di averlo detto.
Mio padre, per mia buona sorte, non aveva capito o sapientemente fece finta di non capire; si avvicinò al muro quasi accarezzandolo ed emise un profondo sospiro: “Mascagni!” continuò come in trance: ” Sì, proprio voglio che tu diventi un nuovo Mascagni o anche… un Donizetti.” La lucertola, spaventata dall’avvicinarsi delle mani di mio padre che accarezzava il muro, schizzò in un attimo verso l’ignoto.
Mi raggelai nel caldo settembrino e non osai dire parola alcuna, rincuorato dagli occhi di mia madre Annunziata che ci aveva raggiunti per invitarci a tavola e che sembrava nata per addolcire il mio genitore.
“Pasta e rape si freddano e se aspettiamo ancora un po’ non saranno più buone.” intervenne la Tata.
“Né Mascagni né Donizetti e neanche César Frank che adoro, ma te stesso.” Disse mia madre che guardava alternativamente ora me ora il marito facendo ondeggiare i penduli orecchini che portava perennemente, il cui dondolio mi aveva sempre incantato sin da bambino.
“Lui, il Maestro Mascagni, è diventato grande perché ha partecipato al concorso Sonzogno e aveva appoggi del conte Florestano di Larderel, lo sanno tutti.” suggerì mio fratello Peppino che se ne stava in disparte.
“Perché tu non potevi partecipare?” Gli rispose duro mio padre puntandogli il dito indice sul petto come fosse uno schioppo.
“Anche se lo avessi potuto fare…. a che prò, visto che dietro di me non ci sarebbe stato nessun conte.” Fu la riposta di mio fratello.
“Lui a venticinque anni è già famoso!!” disse mio padre con un crudo tono di voce che faceva sembrare ogni parola un macigno da lapidazione.
L’andamento del discorso andava facendosi assai scabroso e mia madre intervenne provvidenzialmente:
“Ercolino, tu ci devi dare la tua musica: te stesso. Venite, ora andiamo a tavola.”
“Sì, ma non a Parigi dove ci sono solo scompiglio e tumulto : esposizioni, funzioni di Babel..(!) Gran balli, Can Can, donnette e donnacce e strani figuri trasandati, barbuti e astrusi che si fanno chiamare artisti. Artisti! Poveracci che imbrattano tele o strimpellano note senza assonanza per sbarcare il magro lunario. Di che arte poi?! Pittori, puah! Quadri? Puah! Macchie, solo macchie. Musicisti? Saltimbanchi direi! Ma i musicisti sono ben altro!
***
Dal libro Quelle strane note del Leoncavallo di Francesco Paolo Percoco, recensito da Nicla Morletti nel Portale Manuale di Mari.
Vuoi sfogliare le pagine di questo libro e leggere i primi capitoli? Clicca sull’immagine dell’ebook qui sotto. Se ti colleghi con un terminale mobile CLICCA QUI.
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Egregio Scrittore,avendo letto l’e-Book del suo romanzo con un interesse molto più grande di quello provato per l’estratto comparso in Fiera, glielo voglio comunicare, insieme ai miei complimenti. Ho apprezzato tantissimo la sua ricostruzione dell’ambiente contadino-alto borghese, con descrizioni degne di confronto con pagine del nostro Verismo: il palazzotto, il calesse, le donne della casa, pronte a venerare il capofamiglia e a scacciare le mosche attraverso gli scuri tenuti accostati per tenere fuori il caldo e il sole. Ho trovato molto poetica la descrizione della luce che filtra da quegli scuri tenuti quasi chiusi e ho visto perfino il pulviscolo danzare per la stanza semioscurata,in quei suoi raggi. E quanta poetica realtà “veristicamente” descritta in quei riflessi al di sotto del pergolato e nella riunione della famiglia intorno alla tavola da pranzo. Ho gustato, rileggendolo, anche lo sfumare dell’immagine della rosa in quella del nonno; cosa che mi era sfuggita al momento della prima lettura in Fiera. Complimenti sinceri per questo libro, che voglio comprare e gustare, insieme al corredo audio che lo accompagna. Spero che il mio apprezzamento più che entusiasta le faccia piacere. Quanto a me, era doveroso esprimerglielo, in quanto avevo sottovalutato la prima lettura. Un cordiale saluto. PAOLA PICA
Lieto dell’incontro. Spero che il libro ti piacerà
Grazie, Franco, per avermi indirizzato all’acquisto del libro, che ho già ordinato all’editore. Ma vedendo quel disegno sulla copertina dopo tanti anni mi sono emozionato. Lo ammiravo molto a casa di MAMI (questo nome non ti suonerà nuovo) perchè mi sentivo uno di famiglia, anche con nonna NICLA, (la tua nonna). Adesso mi presento, sono Franco il marito di Caterina, sorella di Maria Teresa, cognato di Egidio. P.S. Ecco perché mi sono permesso a darle del TU. Appena riceverò il libro lo leggerò tutto d’un fiato.
Purtroppo presso di me non ho copie. So che al Maestro Cavallo è stata dedicata pure una strada di Francavilla. Il libro è reperibile cliccando http://www.arduinosacco.it ed ordinarlo sul catalogo.
Mentre facevo una ricerca (sono un collezionista appassionato di storia locale) sono rimasto sorpreso nel cercare su ebay (ERCOLE CAVALLO MUSICISTA) e trovarmi di fronte alla pubblicazione di un libro che vorrei avere per arricchire ciò che io ho di ERCOLE CAVALLO. Ho degli spartiti musicali con dei manoscritti, oltre al Metodo Meccanico-Marcia Nuziale-Marcia Trionfale (dedicata al Duce) ed altre cose. Sono un Francavillese…
Sei gentile e sensibile. Mi raccomando: passa parola!
Sono contenta che Le sia piaciuta la mia recensione!
Tutto ciò che ho scritto l’ho provato veramente (e mi creda, sono una lettrice molto esigente, se il modo di scrivere di una persona non mi piace, non riesco ad andare avanti con la lettura…è più forte di me).
Il mestiere dello scrittore non è semplice: le parole sono a disposizione di tutti noi, ma solo alcuni, è Lei è tra questi, riescono ad imprimere loro un “ordine logico” in cui si racchiudono le più vive emozioni ed il cui prodotto finito è uno splendido e prezioso libro.
Un caro saluto,
Maria Grazia P.
Mia cara Maria Grazia, il tuo modo di descrivere il mio libro mi ha commosso. Te ne sono grato perchè è stata una dolce commozione
Prima di tutto, gentile Francesco Paolo, volevo farLe i complimenti per il Suo stile narrativo: la storia scorre fluida e non si avvertono vuoti temporali; grazie alla Sua scrittura semplice ma allo stesso tempo sofisticata, sono stata “catapultata” indietro nel tempo (tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900, periodo in cui si svolge la storia di Suo nonno).
Ho da subito apprezzato la personalità di don Fortunato, persona esigente (da sottolineare la storia del “Salve Regina”), ma tanto tenera.
L’uso del dialetto (dal pugliese, al napoletano, passando per il veneto) è stata una scelta “azzeccata”: il carattere dei personaggi, in questo modo, salta subito all’occhio e poi, è così divertente!
Il giovane Ercole, terminati gli studi al Conservatorio, viene “ingaggiato” dal priore della chiesa di S.Domenico, dietro consiglio di don Fortunato (cit. “Primo servizio, farsi presentare o presentarsi anche sfacciatamente, a quanti più parroci, monache e preti possibili” […]): il momento della ricerca delle chiavi dell’organo, è stato esilarante!! Anche io conosco la preghiera che bisogna fare a S.Antonio d Belluno quando si perde qualcosa.
Non Le nego, che mi è venuta l’acquolina in bocca, verso la fine del romanzo, quando descrive la fumante pizza al pomodoro, su cui si “tuffa” letteralmente il caro e simpatico Umberto!
Non so quanto tempo Lei abbia passato con Suo nonno, deve comunque ritenersi una persona fortunata!
Ercole Cavallo è stato un uomo eccezionale, musicista d’altri tempi: me lo immagino, vestito di tutto punto, che percorre con la sua bicicletta le numerose stradine di Napoli… giunge finalmente nella dimora signorile in cui è stato invitato…inizialmente si sente un po’ a disagio, ma poi…prende posto davanti al pianoforte ed ecco che inizia la magia.
Inoltre, il suo amore per Annina è stato così forte da non farlo cadere in tentazione…
Che tristezza quando l’inchiostro sul diario va, pian piano, scolorendosi: mi ero talmente immedesimata nella vita dei Suoi avi, che non è stato semplice “uscire” dal racconto.
Complimenti anche per le Sue doti da detective!
La ringrazio ancora immensamente per avermi donato il suo libro!
Un caro saluto,
Maria Grazia P.
Gentile Francesco Paolo,
Le comunico con grandissimo piacere che ho terminato il Suo fantastico libro!
Mi prendo ancora qualche giorno per riflettere su tutte le sensazioni positive che mi ha trasmesso e, in settimana posterò un commento con una mia recensione: Le anticipo che per me è stato un grande onore esser diventata una Sua lettrice e Le farò sicuramente una pubblicità positiva fra i miei amici/conoscenti (che, ovviamente, dovranno acquistarlo!).
Le auguro un buon week-end.
Cari Saluti,
Maria Grazia P.
Mi ha mosso il ricordo di un nonno originale e sognatore, quanto disilluso dal mancato successo con il grande pubblico che pure avrebbe meritato.
Già nelle prime righe una piccola lezione di vita. Hai aperto quel cassetto tante volte, eppure non hai mai visto nulla. Poi, ad un tratto, qualcosa è cambiato: sei riuscito a guardare oltre.
Una piccola scoperta che diventa valore, in grado di proiettare in un mondo fatto di sentimenti e tradizioni. Scopri una terra che ti appartiene. E improvvisamente non è solo ricordo. Diventa tangibile, reale. Come lo è stata per me. Ragazza di puglia, a pochi passi da Francavilla.
Gentile Francesco Paolo,
oggi, ho avuto la piacevolissima sorpresa di ricevere un elegante pacchetto da parte del corriere.
GRAZIE MILLE per avermi spedito il libro!!!!!!!!!!!!
E che gradita sopresa scoprire che la lettura potrà esser accompagnata da una stupenda musica per pianoforte come sottofondo!
è semplicemente meraviglioso!
grazie anche alla Sua casa editrice, l’Arduino Sacco Editore.
Non appena avrò finito il libro, Le farò sapere le sensazioni che mi ha trasmesso.
Un caro ed affettuoso saluto,
M.Grazia
Una cortesia se ti piace non lo prestare, ma invita chi te lo richiede ad acquistarlo. Una veloce statistica di un precedente mio editore aveva dato questi risultati per un mio libro: uno l’acquirente e almeno dieci i lettori!
Sarà fatto! Io son della Sua stessa idea: bisogna sostenere il più possibile gli scrittori italiani!!!!
Personalmente considero l’acquisto di libri sempre un ottimo investimento di cui sono particolarmente “gelosa”… Passerò anche per una egoista, però al solo pensiero che un libro si allontani da me, mi irrita e non poco!
A presto con una mia personale recensione!
Il brano riportato mi ha evocato le immagini della mia amata Puglia, di un mondo patriarcale ricco però di valori e spessore.
Le descrizioni sono vivissime e poetiche, trasportano il lettore direttamente sulla storia.
Un libro che fa sognare assieme al suo protagonista.
Complimenti vivissimi all’autore, mi ha molto incuriosito il suo stile e la storia è coinvolgente. Spero di poterne sapere di più e leggerlo.
saluti.
Stefania C.
E’ la Puglia di un piccolo centro prettamente agricolo dove i pastori, all’alba menavano i greggi per la strada principale e le donne compravano il latte munto all’istante disseminando nell’aria il profumo dell nostre Nonne. Poi c’è Napoli di Matilde Serao e Bari nei fermenti del primo novecento.
Parole attente e minuziosi dettagli che permettono al lettore di immedesimarsi in prima persona in questo racconto, sembra di essere lì a rovistare nel cassetto a toccare cose antiquate e fogli di carta ingialliti dal tempo.
Il racconto è interessante e come personaggio mi colpisce don Fortunato Cavallo che ripone le sue attenzioni e la sua ultima speranza di avere un figlio artista e compositore in Ercolino.
Mi intriga conoscerne il proseguimento, questi sprazzi del racconto promettono molto bene!
Quando scrivo romanzi o racconti per me è come un’ossessione fare in modo che il lettore sia come fisicamente presente ai fatti narrati . Il fatto è che nel mondo editoriale sono nessuno. Prova a leggere tutto il libro e dimmi le tue emozioni.
E’ sempre piacevole e sottilmente dolce seguire dei ricordi che si srotolano come un filo di lana.
Complimenti
I ricordi belli sono il rifugio delle angherie del presente.
Si, è così.
Chiedo scusa all’autore se ho assolutizzato l’incipit di questo libro. Non avevo altri elementi per commentare un testo che non conosco, se non le mie immediate impressioni di lettura, riferite chiaramente a questo “lacerto” testuale. E d’altra parte mi pare,che, nelle intenzioni di chi ha pensato a questa “vetrina virtuale”, la recensione sarebbe dovuta scaturire ex abrupto proprio dalla lettura di poche pagine…Mi rendo conto che è un’operazione di “chiaroveggenza intellettuale” . Non si adonti, perciò , l’autore incompreso perchè terrò lontana la mia improntitudine da questo e altri libri che non mi sarà consentito leggere dalla prima all’ultima pagina!
Nulla di grave.
Non ti lamentare di mancanza di chiaroveggenza intellettuale: essa non esiste!
E’ normale. Fa parte dei giochi sublimi della psicologia. Il padre vuole un figlio famoso. E tanto piu’ fatica a lanciarlo lontano dal borgo, tanto piu’ spera che torni cinto dagli allori. In lui si mischiano la cruda (e propizia)
saggezza contadina e il sogno. E quando il secondo prende il sopravvento, l’esigenza si fa imperio, caricando il pargolo d’un fardello pesantissimo.
Nel figlio si proietta l’orgoglio del padre : un eventuale fallimento equivarrebbe ad un suicidio generazionale.
E qui entra in scena la madre. Anch’essa desidera un figlio incorniciato dalla fama. Ma sopra tutto – spinta dall’ amor di fattrice – lo pretende contento, realizzato, possibilmente felice (che significa una corrispondenza tra l’aspirazione e il compimento).
Lei si commuove alle note di Percoco. Quelle di Leoncavallo la lasciano indifferente. E’ il pentagramma del cuore, che solo una genitrice sa leggere e musicare a dovere.
Gaetano
Il pentagramma, o meglio la musica,è fonte dei fuochi di artificio della mente.
Un sud descritto con passione,ma anche con sano realismo che oltrepassa i tempi e giunge intatto fino a noi. Passato e presente s’intrecciano in un suggestivo affresco che, di temporalmente lontano, conserva solo i pergolati delle antiche masserie nobiliari, ma che rimane pressocchè inalterato, nella mentalità odierna di tanta gente del sud, incline a pensare che non tutto il successo sia attribuibile a personale bravura. Si insinua il tarlo perverso dell’invidia, della maldicenza che tradisce l’atavica insicurezza della gente meridionale, ed è forse causa di un’ antica pigrizia. Perciò mi è piaciuto molto il dialogo fra padre e figli, dove , persino sulla figura di Mascagni, aleggia il sospetto della “raccomandazione”, piaga verminosa che paralizza, ancora oggi, le energie di molti giovani. Non so come il romanzo vada a concludersi, nè se la determinazione di questo padre, così lungimirante, sia riuscita a scuotere dall’abulia i figli, inclini a vivere di posizioni di rendita. Certo, al di là degli esiti narrativi di indiscussa buona fattura, per la scelta del lessico e del ritmo della prosa, ci sono tutte le premesse per cogliere gli elementi di una vicenda che, si intuisce, cambierà la vita dei personaggi per diventare progetto di un cambiamento culturale di più ampio respiro, capace di riguardare non solo le persone, ma di estendersi anche ai luoghi e ai contesti sociali coevi.
Bada, non vi è nulla, in questo libro, di più lontano della mafia (addirittura) e del Sud stereotipato cantato dai menestrelli.
Un caro saluto.
In queste righe traspare la grande voglia del personaggio d’inseguire il proprio sogno, ostacolato però da questo padre poco convinto. trovo la lettura di questa opera molto fluida e piacevolissima, sicuramente l’autore conoscendo bene la forte passione che si prova e non si può contrastare per un’arte, riesce a coinvolgere il lettore in questo mondo incantato e sublime della musica. Complimentoni all’autore e un in bocca al lupo di cuore.
Gentilissima
Non c’è niente di più emozionante che “scovare” antichi ricordi, nostri o di qualcun altro, non importa, ciò che conta è che ciascuno di essi è il custode di un vissuto.
Il bello di andare in giro per i mercatini d’antiquariato è proprio questo: è semplicemente meraviglioso avere tra le mani un libro, un quadro, uno specchio che in passato hanno fatto parte della vita di altre persone e che hanno, in qualche modo, “assorbito” le loro energie…
Il romanzo non poteva iniziare in modo migliore.
Anche nella mia famiglia c’è chi fa musica a livello professionistico (mio fratello), e capisco quanto questo possa costituire una ricchezza. Certo, non è gradevolissimo esser svegliati all’improvviso da un assolo di chitarra collegata ad un mega amplificatore, però quando, di nascosto, lo guardo che prova e riprova all’infinito un pezzo, fin quasi a farsi uscire il sangue dai polpastrelli, tutto passa in secondo piano. E’ la magia della musica.
(cit.) “egli si mise a sognare e, sognando, immaginò che almeno uno dei suoi figli sarebbe diventato un grande compositore…”
AMO QUEST’UOMO CHE AMA SOGNARE!
Solo se si è capaci di sognare si riesce a scrivere.
Un grazie affettuoso
Gironzolavo tra le copertine quando un nome ben noto, quello di Leoncavallo, mi ha incuriosita e mi ha fatto aprire lo spazio dedicato a questo volume. Leggendo ho trovato altri due elementi che mi avvicinano a questo romanzo: Francavilla Fontana, Sava, Ostuni…insomma la mia amata Puglia e l’autore dell’introduzione, mio docente di storia della musica. Ho divorato il frammento, ritrovandoci colori e immagini a me, pugliese, ben noti, un incanto descrittivo notevole, uno stile che scorre che è un piacere, una dolcezza commovente nel ricordo del nonno; le schermaglie padre – figlio e la polemica sulle raccomandazioni senza le quali non si va avanti, o se ci si riesce, è a prezzo di enorme fatica e molto più tempo, sono purtoppo anch’esse ben note… insomma, questo libro sembra fatto per me! Penso che sia una lettura affascinante, mi piacerebbe moltissimo riceverne una copia omaggio… sono al mio primo commento, sto scrivendo di getto perchè conoscendomi so che se mi fermassi a pesare le parole poi non scriverei più nulla…
Certo, nei primi del novecento il mondo (che andava verso la spinta della scienza e l’inizio del successivo supremo sviluppo tecnologico) aveva questa poesia.
Gent.mo Francesco Paolo,
ho avuto la graditissima sorpresa di ricevere il volume, e, sorpresa nella sorpresa, il Cd che lo accompagna.
Purtroppo non ho ancora potuto leggerlo a causa della concomitanza di una marea di cosa da fare e di alcuni imprevisti di salute, ma pregusto il week end: terminati i vari impegni scolastici mi attende un viaggio e il volume è già in valigia.
La ringrazio infinitamente.
Maria
Felice viaggio in compagnia del mio libro, con una sola preghiera: se le piacerà lo diffonda il più possibile, ma non lo presti ad alcuno. Come ho già detto altre volte (per quanto ne so ) per i miei libri succede questo: vengo a sapere che numerosissimi sono quelli che li hanno letti, ma avarissime le vendite e per uno scrittore è molto triste….
Buona lettura.