Lorenzo De Santis apparteneva ad una antica famiglia le cui origini si perdevano nel tempo. Il ramo cui apparteneva, pur essendo di nobile discendenza, era quello cadetto e col passare dei secoli aveva perso le iniziali ricchezze e le specifiche prerogative nobiliari. Da tempo immemorabile, però, i suoi antenati avevano fatto una scelta precisa: erano tutti militari di carriera. Pertanto, per quanto poteva ricordare, aveva sempre visto il nonno ed il padre indossare la divisa e comportarsi con la serietà e la rigidità propria dei militari.
Forse proprio per questo ricordava con gioia quelle poche occasioni in cui o il nonno o il padre se lo erano caricato sulle ginocchia. Ricordava le magnifiche sensazioni che provava allorché il nonno, per la verità molto rigido ed imbarazzato, si lasciava accarezzare e tirare gli enormi baffi a manubrio di cui era tanto fiero. Ricordava l’orgoglio che lo colmava quelle poche volte in cui il padre, indossando la sua bellissima divisa da maggiore di cavalleria, lo portava per mano a fare una passeggiata.
Dal basso della sua piccola statura, conforme alla sua giovane età, guardava di sottecchi l’alta ed imponente figura del padre e si sentiva riempire d’orgoglio: intuiva che anche lui, un giorno, molto lontano, sarebbe stato così. Aveva trascorso momenti bellissimi quando il padre ed il nonno, con il viso serio lo ascoltavano dire:
«Soldato Lorenzo a rapporto, signore, comandi!».
La frase era seguita da una indecisa battuta di tacchi.
«Parola accordata, soldato Lorenzo!».
«Le sarei grato, signore, se mi raccontasse il resoconto di una qualche battaglia».
Il parente di turno iniziava allora a raccontare delle storie inventate nelle quali il protagonista principale era ovviamente lui stesso, però sempre coadiuvato da un perfetto eroe che, guarda caso, si chiamava Lorenzo!
In alcune fortunate occasioni il padre o il nonno lo avevano portato in visita a qualche caserma: purtroppo succedeva molto di rado, ma, quando capitava, la gioia del fanciullo saliva al settimo cielo. Allora l’attenzione di Lorenzo sfociava in mille curiosità che non potevano essere del tutto soddisfatte, sebbene il padre e soprattutto il nonno fossero di una pazienza deliziosa. Il ragazzo avvertiva il senso di rispetto e di stima di cui godevano i suoi parenti e ne gioiva. Aveva stabilito che anche lui, una volta grande, avrebbe seguito le loro orme e intrapreso la carriera militare. Aveva meno di cinque anni quando aveva maturato quella decisione che non avrebbe mai abbandonato e che, al contrario, si era continuamente rinforzata con il passare del tempo.
Il padre ed il nonno erano fieri che il fanciullo volesse seguire la tradizione militare di famiglia. Purtroppo, però, non ebbero la soddisfazione di vederlo in divisa. A dodici anni, quando entrò alla scuola militare, i due erano già entrambi morti a distanza di un anno l’uno dall’altro: avevano perso la loro più importante battaglia della vita contro un nemico terribile: il cancro. La vita sembrava aver dato tutto a Lorenzo: la sua intelligenza superiore alla media aveva fatto sì che, sin dai primi anni di studio, pur applicandosi in maniera modesta, fosse riuscito a superare la maggioranza dei compagni di classe, più studiosi di lui. La scuola militare, che per la quasi totalità degli allievi rappresentava una continua e costante sofferenza, era stata per lui semplice, facile e divertente.
L’impostazione militare avuta sin dalla tenera infanzia aveva abituato il giovane a considerare la disciplina ed il relativo sottomettersi agli ordini qualcosa di naturale, perciò non gli comportava alcuna fatica. La sua innata simpatia e lo spontaneo carisma, sicuramente ereditato dal padre, gli avevano permesso di diventare il leader naturale dei compagni di corso. Tutti, infatti, seguivano. volentieri e senza forzature le indicazioni che direttamente o indirettamente forniva. Così, quando c’era da organizzare qualche scherzo o qualche innocente trasgressione ai regolamenti, era sempre a capo dei congiurati più attivi.
Dopo pochi mesi dall’entrata nella scuola militare, era stato nominato capo del corso. Anche gli insegnanti avevano subito capito che Lorenzo era il più idoneo a comandare i propri camerati senza istigare in loro quella forma di intolleranza che caratterizza sempre i rapporti tra la scolaresca e il capoclasse. Lo spirito vivace di Lorenzo, sebbene a volte sfavorisse il rapporto con i superiori, era largamente compensato dalla simpatia e dalla lealtà che emanavano da ogni suo comportamento. La pronta risposta di Lorenzo agli stimoli degli insegnanti e dei superiori faceva sì che gli stessi fossero portati a considerare positivamente, o quanto meno benevolmente, taluni comportamenti non perfettamente condivisibili.
Lorenzo si era sempre qualificato tra i primi di ogni corso che aveva frequentato. Aveva ottenuto a pieni voti la licenza liceale e quindi era passato a frequentare l’accademia militare. La dura disciplina dell’accademia e l’atteggiamento meno comprensivo dei superiori, quasi esclusivamente militari di carriera e quindi ufficiali in servizio permanente effettivo, in un primo momento avevano in un certo modo parzialmente sconvolto Lorenzo, facendogli capire che, da quel momento, la sua innata simpatia non sarebbe stata un’arma sufficiente a regalargli quella sorta di complice impunità di cui sin ora aveva goduto.
Decise che bisognava cambiare registro, dimostrando e mettendo a frutto tutte le altre doti che possedeva. Lorenzo per via dell’esuberanza del suo carattere, si era trovato più d’una volta in guai anche abbastanza seri, per fortuna sempre risolti si nel migliore dei modi senza alcun danno.
SUPREMA GIUSTIZIA di Gianni Garagnani – GRUPPO ALBATROS IL FILO, 2010 pag. 475
Il commento di NICLA MORLETTI
Un ottimo romanzo storico, che ha ritmo e la cui trama è ben costruita, mentre lo stile sciolto e moderno denota la capacità e l’attitudine alla scrittura dell’autore che ci trascina così nell’ottocento, facendoci vivere una grande epopea che coinvolge il cadetto Lorenzo De Santis il quale appartiene ad un’antica famiglia le cui origini si perdono nel tempo. Ben delineate e ben tracciate le figure degli altri personaggi, come il maresciallo Laschi, il bandito Checco e il magistrato Fiore. Il tutto narrato sorprendentemente tra colpi di scena, guerra, amore e banditismo. Dalla Calabria a Bastia. Da Roma a Genova. Spiccano la figura del giovane valoroso Lorenzo e il personaggio dello spietato Laschi. Il bene e il male. L’odio e l’amore. Si rimane avvinti dalle vicende, coinvolti negli affanni, sedotti dall’amore.
Lorenzo, scapigliato e militare perfetto. Un antinomia difficile da realizzare. ma possibile in un soggetto dall’ intelligenza viva e dall’ educazione (ricevuta) ferrea.
In ” Suprema giustizia “Gianni Garagnani cerca di far convivere la disciplina e la fantasia.
In fondo questo e’ quela ” creativita’ nell’ ordine ” che tanto entusiasmo’ sant’ Agostino.
Gaetano