Quando si percepisce che la vita ti ha concesso un’altra chance avviene una rivoluzione di prospettiva dentro di te. I cardini del tuo pensiero vengono stravolti e la tua anima viene rivoltata come un guanto. Ti senti sconquassata ma nello stesso tempo rinnovata.
Il senso stesso della frase, ormai tanto banalizzata, «Non dare mai niente per scontato!» acquista un nuovo spessore: ti ritrovi a ringraziare quotidianamente Dio perché ti ha donato un altro giorno, perché hai passato la notte dormendo anziché vomitando in continuazione, e visualizzi con più nitidezza, in quasi tutto ciò che ti circonda, sempre nuovi motivi di gratitudine divina.
La società nella quale sei cresciuta perde sempre più importanza; la senti estranea e vuota e la senti spiritualmente e valorialmente inopportuna. Sei circondata da persone che cercano solo il piacere fine a se stesso, sessuale o materialistico che sia, che cercano di realizzarsi facendo terra bruciata attorno a sé, che mettono a unica meta della loro vita il potere ed il denaro – ormai trasformati in fini e non in mezzi, come dovrebbe essere – persone che non danno un senso alla loro vita al di là del consumare ed ancora consumare il più possibile con inerzia e voluttà. E tu cominci a sentirti una mosca bianca…
La «convivenza con la morte» cambia la percezione della vita in maniera radicale: quando ti stanno per togliere TUTTO, ti rendi conto che di quel tutto ben poco vale la pena di conservare:
Ø anzitutto la possibilità di continuare a respirare, mangiare, bere, dormire e pensare autonomamente;
Ø in secondo luogo la facoltà di continuare ad amare ed essere riamata dalle persone che ti amano.
Tutto il resto precipita sullo sfondo!
Anche il rapporto con il dolore cambia; ed in questo caso, quando parlo di dolore, non parlo del dolore fisico ma del dolore mentale, quello che può essere provocato dalla morte di una persona cara, o da apparentemente più «semplici» problemi relazionali quotidiani; tutto ciò che, insomma, provoca sofferenza nella più intima interiorità di un essere umano, sia che si tratti della sua sfera affettiva, della sua sfera cognitiva o della sua sfera sociale.
Il dolore, dopo la «convivenza con la morte», diventa più acuto e devastante, diventa più pungente e totalizzante; qualsiasi cosa che ti colpisca in maniera più o meno grave, si trasforma in una ferita purulenta, guaribile con difficoltà. Tutte le volte che soffri ti senti come spellare viva o come annegare in un mare di bitume che ti impedisce sia di respirare che di gridare.
Questo cambiamento non sembra un grande guadagno eppure, dal mio punto di vista, lo è; perché sono profondamente convinta che le persone che percepiscono di più il dolore e la sofferenza avvertono maggiormente qualsiasi tipo di sensazione e di emozione, anche quelle più belle ed appaganti, come l’amore, l’amicizia e gli affetti familiari.
L’amplificazione del dolore contribuisce quindi all’amplificazione della felicità. Sembra un paradosso ma non lo è: la persona in questo caso è come la corda di uno strumento musicale: impara a vibrare maggiormente in ogni situazione.
thanks.
cmq ti ho risposto a molti vecchi post in cui ponevi domande.
mi sembrava corretto.
saluto
Nella chiusura, molto bella, una grande verità…
splendido raccontarsi cn grande sincerità…
🙂
“a naso” credo proprio sia così…
Un abbraccio
Ars
Ah Ah Ah. Sei proprio simpatica 😛
sono quasi d’accordo con te.
strano ma vero 😛
un saluto