“Ti ho vista parlare con Messer Cesare”, disse Cristiano mentre si avviava con Elisa verso il palazzo di Santa Maria, “Mi sembra di averti già detto che quell’uomo è pericoloso.”
La ragazza sbuffò esasperata. A volte il suo nuovo amico era peggio dei suoi genitori.
“Di cosa hai paura, si può sapere?”
“Temo che possa farti del male. Cesare è abituato a prendere quello che vuole. Anche con la forza.”
“Non dire assurdità!” Reagì con rabbia Elisa. Era stufa che le venisse detto cosa doveva fare e che si cercasse di proteggerla. In fondo, Cesare non le sembrava così pericoloso. O almeno, con lei si era sempre comportato bene.
Affrettò il passo e aggiunse seccata: “Non c’è bisogno che mi accompagni. Conosco la strada.”
Quindi proseguì da sola nel buio della notte. All’improvviso, mentre attraversava i giardini vaticani, si ritrovò in un labirinto di siepi e cespugli di rose. Si accorse di aver sbagliato strada perché era certa di non essere mai stata in quel punto nascosto del giardino, quindi si volse e cercò di tornare sulla retta via, quando si ritrovò innanzi Giovanni Borgia, vestito con una casacca color amaranto e una calzamaglia giallo oro. Era completamente ubriaco e camminava con passo instabile.
“Ma che graziosa fanciulla!” Esclamò, squadrandola da cima a fondo, con un sorriso divertito.
Elisa fece per cambiare strada, ma lui fu più veloce e la trattenne per un braccio.
“Non scappare, bellezza. Non vuoi dare il tuo benvenuto al primogenito del papa?”
A quel punto lei si spaventò. Aveva un’espressione indecifrabile, a metà fra l’ostiilità e l’allegrezza. Intanto lui, con agilità e destrezza, era riuscito a immobilizzarla, stringendole con forza il polso, al punto che ella temette che le ossa fossero sul punto di spezzarsi. Lanciò un grido, ma non c’era nessuno nei paraggi e Cristiano doveva essere troppo lontano ormai.
“Cosa volete farmi?” domandò atterrita.
“Divertirmi un po’. Che altro?”
Elisa aveva sentito varie voci sulla crudeltà di Giovanni. Si diceva che avesse persino rapito un paio di vergini, appartenenti a nobili casati, e che le avesse violentate, incurante della reazione dei loro familiari. Essere il figlio del papa gli dava il potere necessario per non temere nulla e, di certo, non si sarebbe fatto scrupoli con lei che era solo una serva.
All’improvviso, le strappò la veste e affondò il viso fra i suoi seni. Elisa sentì lacrime amare scendere silenziose, mentre, immobilizzata dalla paura e dalla forza pressante di lui, era conscia di non avere vie di scampo.
In quell’attimo, una voce alle loro spalle la colse di sorpresa. “Lasciala stare.” Elisa riconobbe subito quel tono fermo e risoluto. Era Cesare. “Che vuoi, fratello?” Obiettò Giovanni con rabbia malcelata.
“Sei ubriaco, Giovanni e non stai dando un buono spettacolo di te”, cercò di blandirlo il giovane cardinale. “Nostro padre non sarebbe contento.”
Giovanni scoppiò in una sguaiata risata. “Nostro padre? Non si intrometterà di certo! Hai scordato che sono il suo figliolo prediletto?”
Tuttavia, Cesare non si dette per vinto e continuò: “Elisa è molto cara a Sancha, nostra cognata. Non vorrai offenderla con un gesto sconsiderato, mi auguro.”
“Sancha?” Giovanni parve frugare nei meandri della propria memoria. “Ah, sì. Quella bella giovane che sedeva vicino a te stasera. Corre voce che te la sia portata a letto. E bravo il mio fratellino.”
Dallo sguardo di Cesare trapelò una profonda collera che tuttavia seppe nascondere piuttosto bene. “Pensi che potrebbe farsi dare una ripassata anche dal sottoscritto?” proseguì Giovanni, continuando a ridacchiare. “Dopo te e Goffredo le manca il terzo fratello, ti pare?”
Cesare si mostrò conciliante e disse: “Perché no? Però adesso è meglio se vai a sdraiarti un poco. Hai bevuto veramente troppo.”
Giovanni lo fissò un istante inebetito poi annuì. Cesare dovette sorreggerlo perché le gambe stavano per cedergli. Quindi lanciò un’occhiata piuttosto eloquente a Elisa che approfittò dello stato confusionale del giovane per fuggire via.
Dopo aver accompagnato il fratello, ubriaco, nelle sue stanze, corse a cercarla e la trovò in un angolo del giardino, ai piedi di una fontanella di marmo. Era seduta per terra e piangeva nascondendo il viso fra le ginocchia. Intuì che dovesse essere ancora molto scossa.
“Stai bene?” Le chiese, con insolita dolcezza.
Lei sollevò lo sguardo e lo fissò con un paio di occhi azzurri, colmi di tristezza. “Voglio tornare a casa mia.” Singhiozzò, senza rendersi conto di cosa diceva. “Non voglio rimanere qui un momento di più.”
***
Dal libro Prigioniera del tempo di Laura Gay – Boopen, 2010
Elisa è una studentessa liceale con tutti i normali problemi delle ragazze della sua età: la famiglia, i ragazzi, la scuola. Ma un giorno si ritrova catapultata in un`altra epoca, la Roma dei Borgia e deve imparare a sopravvivere in un mondo completamente diverso dal suo. Mentre cerca disperatamente una soluzione per tornare nella sua epoca, due giovani si contendono il suo amore: l`affascinante e crudele Cesare Borgia e l`onesto e leale Cristiano. Il primo è disposto ad uccidere pur di possederla, il secondo darebbe la vita per lei. Chi riuscirà a conquistare il suo cuore? In un crescendo di colpi di scena, questa storia vi terrà avvinti dalla prima all`ultima pagina.
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E’ veramente accattivante, anzi direi disarmante, leggere il tuo incipit e scoprire la protagonista salvata da un uomo come Cesare Borgia. La belva difende la fanciulla, corre in suo soccorso, sembra un novello Paolo sulla via di Damasco, pronto a redimersi…
Riesci a saltare in una storia dai contorni surreali con rara forza narrativa e con la semplicità di chi scrive per pura ispirazione. Nessun artificio nel tuo scritto. Se non si conoscesse la crudeltà dei Borgia si crederebbe che è tutto possibile… e forse, nella fantasia lo è, perchè consente all’uomo di reinventare l’uomo…
Bravissima!