la spugna – prologo –
dove mi passa la voce del mondo?
non sono piena, il mio corpo non è
materia pesante uguale compatta,
il mio corpo non è cemento, non sono
vuota, il mio spazio non è il vuoto
totale buio profondo, il mio spazio
non è il fondo, io sono piccola
piccola piccola, sono fatta di cose
sottili leggere vicine dovunque
vaganti piastrine, tu sfiorami
con un soffio, toccami con la voce
muovimi fammi vibrare
la superficie, passami la voce
del mondo tra i pori di questa spugna
***
il punto esatto
qual è il punto esatto in cui tutto comincia?
dev’esserci un punto immerso nel tempo
dal tempo bagnato e disfatto per sempre
in cui tutto comincia,
big bang che si crea dal caos sparo
nella notte voragine che inghiotte
assordante silenzio, dev’esserci un punto
per cercarlo ti trovi a camminare
all’indietro dalla fine all’inizio
sempre di spalle, e mentre cerchi non sai
nemmeno se esiste, che mentre cerchi
non vedi, non hai occhi didietro,
dev’esserci un punto immerso nel tempo
dal tempo bagnato e disfatto per sempre
in cui tutto comincia,
un punto perfetto come quando facciamo
l’amore, la nostra forma d’amore,
quella che più ci appartiene, l’unica sete
che non ci abbandona, un punto perfetto
come quando proviamo piacere, dove
siamo fedeli devoti possiamo
giurare senza spergiuro, anche nel tempio
qual è il punto esatto in cui tutto comincia?
***
sulle vie di Shibuya
questa mattina sulle vie di Shibuya
mentre camminavo in cerca di un caffè
mi sono vista riflessa nei vetri
di un negozio e mi sono sembrata
qualcun altro, mi sono fermata
un attimo a pensare poi sono ripartita
con la vita di qualcun altro addosso,
– ferma così sopra ai miei gesti,
intrappolata per una attimo dentro
al mio reticolato -, questa mattina sulle vie
di Shibuya non mi sono da subito
riconosciuta
perché tutto ritorna, persino sul mio corpo,
come inciso sulla pietra?
***
l’estraneo sottocutaneo
dammi spazio per essere ciò che non sono
mai stata, l’estraneo sottocutaneo,
l’attimo sbandato dentro al tempo
da un calcolo errato germinato,
per caso o per necessità,
qualcosa che come un virus
nuovamente riavvicini le nostre nudità,
dammi spazio per essere ciò che non sono
mai stata, concedimi fedele
al nostro tempo che ci aspetta
***
Dal libro La spugna di Lella De Marchi
grazie tante, Maria. mi dici tante cose belle. io credo, per esempio, che la poesia debba produrre musica, armonia di suoni e sensazioni. quando scrivo ho sempre qualcosa da dire. ma in tutti questi versi la ricerca dell’armonia mi premeva, come necessità interiore, molto di più. anche quando il contenuto si ribellava o si faceva triste o amaro o molto doloroso, lo rigettavo al fondo di me stessa, poi aspettavo che che si trasformsse per diventare armonico. all’endecasillabo e all’enjambement devo aver chiesto un aiuto in questo senso. poi credo che, anche se non ce ne accorgiamo, in realtà, anche nella conversazione orale, siamo portati a ritmarci in endecasillabi. e che l’enjambement, nel suo “scavalcare” il verso per ricercarsi nel verso successivo sia una una ricerca di continuità armonica. grazie.
Uno stile nuovo, affascinante ed efficace il tuo…Lella. Bello l’uso sapiente dell’enjembement, l’inserimento degli endecasillabi a intarsiare come camei i versi che sgorgano dall’anima, ma chiedono alla mente di filtrare il contenuto, di renderlo degno del termine ‘lirismo’!
Dal punto di vista contenustistico sei alla ricerca, come tanti di noi, della parte di te stessa che sfugge alla quotidiana comprensione e che ti fa sentire involucro di una carne dall’anima lontana. Sai analizzare stati d’animo difficili con la stessa sapienza che adotti per dare melodia ai versi.
“Sono ripartita con la vita di qualcun altro addosso”…hai aperto il libro della tua esistenza e l’hai letto e poi scritto con sontuoso coraggio e con versi atti a graffiare il cuore…
Sei davvero una Poetessa Speciale!
“dammi spazio per essere ciò che non sono mai stata”
mi ritrovo in questi versi così come nella necessità di ri-cercarsi e nella tensione alla rinascita sottesa ai componimenti. Poesia d’introspezione e scoperta di se stessi, tra paure, emozioni e abbandono al flusso della vita
grazie Marcella. per aver parlato di rinascita. un motivo per me importante. e dove e in quali spazi viva la possibilità della rinascita. una volta, tanto tempo fa, una persona che conoscevo bene mi consegnò un foglietto su cui aveva scritto queste parole, che ancora mi girano in testa: è più difficile credere che un uomo nasca o che un uomo rinasca?
Certamente più difficile credere che un uomo rinasca…. L’atto di rinascere è un gesto di grande coraggio verso se stessi di cui pochi sono capaci, ma certamente chi si “ricerca” per mezzo dell’enorme scavo poetico, che ci costringe a nuove associazioni e a verità messe a nudo, è già nel mezzo della tempesta da cui si può riemergere rinnovati e più consapevoli. La poesia può essere molto brutale, per questo è importante la ricerca stilistica, per rendere accettabile ciò che ci mette di fronte. La poesia illumina e sconvolge, ricompone e allevia.
versi che rievocano momenti emozionanti.
proprio belli
l’emozione. al centro di ogni immagine, in qualunque forma espressa, c’è un’emozione. vissuta e non. se arriva l’emozione siamo a cavallo. grazie francesco.
Lella De Marchi nella sua raccolta di liriche intitolata “La spugna” impregna tanti significati, tante immagini e meditazioni.
Con un lessico adeguato e ricercato evidenza alcuni suoi profondi pensieri. Immortala, come fossero fotografie, i panorami della nostra esistenza e del nostro essere,i grandi “perché”che quotidianamente ci poniamo. Con flash riflettuti ed elaborati, tenta di risolvere i suoi dubbi, per poi porsene altri. La nostra vita è un mistero. Come nasce la poesia è da sempre un mistero. E’ qualcosa che va oltre l’orizzonte della logica per scavalcare l’indifferenza ed arrivare intatta nel cuore dell’interlocutore.
Lella evidenzia l’importanza del tempo e della nostra confusa esistenza; per poi metterle a confronto ed arrivare a particolari ed interessanti conclusioni racchiuse all’interno di una Spugna, il suo libro.
grazie Luigi, mi piace molto il tuo parlare di fotografia, pensando alla mia poesia. anche la poesia vive tempi particolari, da quando c’è il cinema. pur nascendo dalla stessa esigenza. una sequenza cinematografica è la sequenza di più immagni scattate e poi “messe in movimento”.. una poesia è solo un “flash” sottratto al movimento. grazie davvero.
Dove passa la voce del mondo?
Qual è il punto esatto da cui tutto comincia?
Perché tutto ritorna?
Interrogativi che aprono al desiderio di uno spazio privilegiato in cui essere genuinamente se stessi, in cui forma e sostanza coincidono, desiderio di un ideale speculum in cui riconoscere come unicum significante e significato, senza soluzione di continuità. Una ricerca a ritroso svolta con temperantia, qui con significato di equilibrio, di quell’ ἀρχή individuale, a partire dal caos, per riscoprire la faccia che sia aveva prima di nascere con la determinazione di essere concessa “fedele” al tempo che verrà.
grazie Giuseppe, per questa interessante riflessione. soprattutto nel senso dell’ipotesi di una “genuinità” come “fedeltà” a noi stessi. a quell'”unicum” che siamo, nonostante tutto. in cui forma e sostanza coincidono. senza deviazioni, pur necessarie. la genuinità come forma riacquisita di essere. porterebbe ad affermare che l’essere genuini è una conquista. e l’immediatezza solo un modo per dire le cose. quelle genuine e quelle meno genuine. grazie.
GRANDE GRANDISSIMA LELLA, ANIMO NOBILE, PENSIERO PROFONDO, PENNA FANTASTICA CHE SI INERPICA FINO ALL’INVEROSIMILE NELLA RICERCA DEL SE’, DI UN INTIMITA’ AL QUALE DONA IMMENSA PREGNANZA E RINNOVATA RIBALTA.
BELLISIMO LIBRO, PERDONAMI SE ANCORA NON TE LO AVEVO DETTO
UN SALUTO AFFETTUOSO
ROBERTO
grazie, Roberto. come sempre, dolcissimo e attento. profondo ed energico. battagliero ed umano.
come lettore. come persona. come scrittore.
un saluto a te,
Lella
Singolari e misurati, tuttavia gradevolmente scorrevoli, questi versi, governati da una dinamica intonazione, alla maniera di una spugna, comprimono e ricostituiscono i mutamenti del sé. Complimenti e un caro saluto
Daniela Quieti
grazie tante, Daniela. penso che sia così, singolari e misurati, tuttavia gradevolmente scorrevoli, i miei versi. ho lavorato su me stessa e sulla lingua per riuscire a tradurre il senso del nostro continuo mutare, del nostro progredire e ritornare, delle partenze e dei ritorni, delle ferite e delle guarigioni, delle morti e delle rinascite, cercando di cogliere e donare il filo sottile di una costante dinamica e inevitabile evoluzione. difficile e gioiosa. amara ed entusiasta. quanto assurda e affascinante.
“La spugna ” lava le scorie di sovra-strutture e ridona purezza alla poesia.
Lella De Marchi gioca con le immagini e le parole per comunicare idee ed emozioni.
Cercando il punto esatto dove tutto comincia finisce per stupire favorevolmente il lettore e il critico. Spero di gustare la raccolta di componimenti.
Gaetano
grazie Gaetano, mi piace molto poter parlare di “purezza”. purezza come modo di sentire, o provare a risentire il mondo. e purezza come ricerca di un linguaggio che tenda a liberarsi di tutte le sovrastrutture accumulate. riscoprendosi il più possibile vicino e aderente a ciò che si vuole significare. penso al linguaggio della poesia come ad un viaggio a ritroso. che va verso il dentro, verso l’origine, per potersi dire nuovamente.
Bravissima Lella!
“La Spugna” racconta con naturalezza e levità ciò che è difficile raccontare… anche solo a se stessi…
Racconta, cioè, con immediatezza e semplicità, le sensazioni più intime, le emozioni e i piccoli-grandi momenti di introspezione, di confronto con la realtà esterna… realtà trasfigurata nel sogno… narrata con brevi, efficaci metafore…
L’autrice tratteggia poi deliziosi bozzetti… “pennellate” di parole che catturano il lettore e lo lasciano ammirato, quasi partecipe di un piccolo “miracolo” espressivo… (cfr.: da “Sulle vie di Shibuya” …”…Questa mattina sulle vie di Shibuya…mentre camminavo in cerca di un caffè mi sono vista riflessa nei vetri di un negozio e mi sono sembrata qualcun altro, mi sono fermata un attimo a pensare poi sono ripartita con la vita di qualcun altro addosso…,questa mattina sulle vie di Shibuya non mi sono da subito riconosciuta…”).
Complimenti dunque, a Lella De Marchi, sperando che la sua opera possa ricevere i più ampi e meritati riconoscimenti, letterari, artistici ed umani!!
grazie tante, Claudio.
ho sempre creduto che la parola poetica abbia la forza di svelarci “il miracolo” della vita, il suo mistero ultimo e insondabile. aprire il cuore e la mente ad una percezione più vera, meno mediata della realtà. alla sua forza illuminante. ogni verso ben riuscito è una porta che si apre dentro al buio, per condurci, magari per un attimo, in mezzo ad una qualche verità. alla sua capacità di portarci “dentro”. in quel luogo originario e primo, dove nascono le nostre sensazioni, le emozioni, il nostro modo di sentire.
mi ha fatto molto piacere il tuo commento.