Andrea scrutò quegli occhi grandi e schietti, come aveva fatto spesso nel poco tempo che gli era bastato per conoscerla. C’era sempre qualcosa nel suo sguardo, qualcosa che non doveva essere negli occhi di una giovane, bellissima donna. Un peso, un’infinita tristezza. Così piccola, sembrava indifesa, eppure era già tanto determinata. Lo percepiva nel profondo: c’era in lei una forza che aveva trovato in poche donne, nella sua vita, a parte, forse, sua madre. Ed era per questo, forse, che l’aveva sentita subito come uno spirito affine. La sentiva con un’intensità che a tratti lo riempiva e lo scuoteva.
E ora, a quella richiesta, nello sguardo di Veronica brillava qualcos’altro. Speranza.
"E come farei con gli impegni che ho?", le chiese.
"Parli dei tuoi bambini?"
"No, loro sono in vacanza con la madre, e non torneranno prima di un’altra decina di giorni…"
"E allora resta…"
Veronica ancora non sapeva perchè glielo aveva chiesto. Ad un tratto aveva sentito il bisogno prepotente di parlare. Accanto a quell’uomo, qualcosa si era schiuso dentro di lei, dopo una lotta infinita, ed ora era piena di vita. E voleva imparare a vivere. Ma sentiva che da sola non avrebbe potuto riuscirci.
"Veronica…", quel nome sulle labbra di Andrea le suonava dolce, giusto, una nave che ritorna al suo porto, "perchè?"
"Perchè ho bisogno di averti vicino ancora per un pò", fece un sorriso timido, "solo un’altra settimana. Non andartene ora."
Andrea guardò verso il molo. Pensò al tempo trascorso assieme. Si chiese quanto avrebbe potuto attribuire, delle sensazioni provate in quei giorni, all’attrazione fisica. E si domandò perchè le cose belle sono così fragili. Aveva paura di rovinare ancora una volta qualcosa di prezioso. E non voleva vedere gli occhi di Veronica piangere… per colpa sua.