ER PAZZIENTE –
Pe’ corpa de ‘n orecchio malannato
me so’ trovato ‘n giorno ar Forlanini
de peggio nun avevo mai provato
pe’ come so’ trattati i cittadini.
Te fanno fà la fila a ‘no sportello
che te rimanna da do’ sei partito
e quanno sei chiamato ar nummerello
er tempo che ciavevi è già finito.
Si poi riesci a fà l’accettazzione
te trovi ‘n’artra fila su ar reparto,
er medico nun c’è, stà a colazzione,
te vonno fà venì proprio l’infarto.
Quanno và bene perdi la mattina
si no ce vole tutta la giornata,
è come si fai terno a la cinquina
ar gioco de ‘sta granne tombolata.
Apposta te lo chiameno “pazziente”
chi se rivorge a la Sanità
così se ficca bene ne la mente
che come Giobbe deve sopportà.
***
“LI PIANISTI”
Pe’ contà li presenti in Parlamento
quanno c’è da fà la votazzione,
c’è ‘n sistema elettronico che, attento,
te conta quanti spigneno er bottone.
Mo te succede che pe’ coprì ‘n’assenza
l’amico de cordata o de partito
fà risurtà ar banco la presenza
spignenno er tuo bottone cor suo dito.
Chi ha sgamato er fatto e te l’ha visti
mentre che votaveno ‘n po’ strani,
te l’ha chiamati subbito “pianisti”
pe’ quela posizzione de le mani.
Er voto che viè fori è taroccato
perché nun tiene conto dell’assenza
e lo Stato viene puro cojonato
perché paga er gettone de presenza.
So’ anni che và avanti ‘sta vergogna,
un artro che nun fosse deputato
l’avrebbero sbattuto lì a la gogna
pe’ truffa ai danni de lo Stato.
Solo da noi pò succede ar Parlamento
che i deputati ponno fà “i pianisti”
fregannosene der comportamento,
dartronne…… semo ‘n popolo d’artisti!
***
UN‘ “EMOZZIONE FORTE”
Quer brutto fattaccio de Nettuno
la coscienza de tutti ha rivortato,
nun s’era mai sentito che quarcuno
pe’ divertisse ‘n omo t’ha abbruciato.
Quer poveretto s’era addormentato
su ‘na panchina dentro a la stazzione
come succede a chi è stato condannato
a ‘na vita de stenti e umijazzione.
Tre giovenotti a cui nun manca gnente
co’ ner cervello ‘n po’ de idee storte
j’ha dato foco, come fosse gnente,
pe’ provà un’ “emozzione ‘n po’ più forte”.
Te renni conto che generazzione
che se diverte solo co’ lo sballo?
A li doveri nun presta più attenzione
a la violenza ormai cià fatto er callo.
Bisogna mette fine a ‘sta sciagura
che ‘sti regazzi ‘n giorno pe’ fà festa
o li ritrovi dentro a la questura
oppuro sull’asfarto senza testa.
‘Sta curtura de lo sballo e der virtuale
stà rovinanno la nova società
che nun distingue più er bene e er male
e ha perso er gusto de la normalità.
***
ER SEMAFORO TRUCCATO
(Il sistema T-Red)
C’è ‘n Commune che, a corto de quatrini,
pe’ rimedià li sordi da la gente
s’è messo a fregà tutti i cittadini
co ‘n semaforo chiamato “inteliggente”.
‘Sto marchingegno de tecnologgia
t’accorcia lesto er tempo der passaggio
così che quanno passi ar crocevia
er giallo cambia ‘n rosso ch’è ‘n miraggio.
La foto viè scattata ‘n quer momento
e quinni c’è la murta e sei fregato,
er Commune ‘ncassa ‘sto provento
er cittadino invece viè truffato.
Ma la denuncia fatta da la gente
ha fatto sortì fori chi ha barato
e ‘sto semaforo ‘n po’ troppo “inteliggente”
è stato spento e subbito smontato.
Speramo questo serva da lezzione
a chi vò fà li sordi in tutta fretta,
piuttosto che trovasse a la priggione
forze era mejo chiede ‘na colletta.
***
Poesie tratte dal libro Rime de Roma di Luciano Gentiletti – Aletti Editore, recensito da Nicla Morletti nel Portale Manuale di Mari.
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Caro Luciano, le mie frequenti visite al nostro Blog, mirate allo spazio “Gentiletti”, stanno acquistando una sfumatura di delusione sempre più grande. Perchè non ci regali un’altra delle tue satire splendidamente taglienti, visti tutti i fatti che la stampa non ci lesina minimamente? Descritti dalla tua penna, sarebbero sicuramente meno tristi, vista la classe dei tuoi versi. Non è credibile che tu non abbia scritto e magari messo in un cassetto qualche bomba piccante delle tue, che farebbe (ne sono certa)sorridere anche gli eventuali ispiratori delle stesse. Dai, non essere timido e modesto come al solito: abbiamo bisogno di un po’ della tua sagacia in versi, per resistere.In attesa impaziente di un tuo riscontro “creativo”, sicuramente aspettato anche dagli altri Bloghisti,ti invio un caro saluto.PAOLA PICA
Carissima Paola, sono lusingato delle tue parole sempre benevoli e piene di apprezzamento per i miei versi, in effetti come tu dici la cronaca italiana non ci lesina spunti e ho effettivamente nel cassetto delle poesie che conservo per qualche serata con gli amici. La cultura dialettale, pur rappresentando le nostre profonde radici, non è di particolare interesse e quindi penso sia opportuno non annoiare il popolo del web con i miei versi. Apprezzo molto il tuo interessamento che mi conforta e mi stimola. Un caro saluto, Luciano Gentiletti
hola luciano soy de argentina y vi tu nombre igual que el mio y me llamo la atencion quisiera saber de donde sos te deje mi mail si podes comunicate con migo mis ancestro eran todos italianos
Grazie Paola per le tue parole sempre toccanti, sono felice che tu abbia potuto leggere il libro in quanto c’è una raccolta significativa del mio pensiero sulle vicende quotidiane avvenute negli ultimi due anni. Sono particolarmente lieto che la poesia in romanesco trasmetta ancora emozioni.
Luciano
Apprezzo tantissimo la definizione di “Vate del terzo millennio in declinazione romanesca”, datale da Gaetano, in data 23 / 06. Sono anche d’accordo con la valenza “planetaria” di questo nostro grande poeta.
Gentiletti, ci regali presto altre raccolte dei suoi versi, in italiano e in vernacolo. Credo che questo nostro Blog abbia davvero contribuito a far conoscere qualcuno che rimarrà nella storia della poesia in romanesco.
Dico tutto ciò con cognizione di causa, perchè possiedo il suo libro e conosco qualcuna delle sue poesie in lingua italiana, pubblicata nel web. Auguri vivissimi. PAOLA PICA
Che bella la poesia e che bello vederla scritta in romanesco: sono parole che nutrono l’anima e deliziano gli occhi.
complimenti,
ilaria
Grazie per il tuo commento, sono felice che apprezzi la poesia romanesca e che ti abbia potuto regalare qualche emozione.
Luciano
la poesia, che vien definita cronaca dell’anima, tal volta puo’ esser splendida (e pungente) cronaca sociale.
Come dimostra Luciano, pungente resocondista del (mal) costume imperante.
In rima si raccolgono meglio le denunce. E piu’ efficacemente pesano sulla nostra coscienza.
Gentiletti non ama – giustamente – i paragoni. Lui e’ il vate del Terzo millennio. In declinazione romanesca. Ma dalla sostanza planetaria.
Gaetano
Grazie per il resocondista che rende effettivamente l’idea di quello che mi succede quando certi fatti della vita quotidiana toccano le corde dei miei sentimenti. Grazie ancora per il tuo incisivo commento.
Luciano
ricordi della mia infanzia, di mio nonno che mi leggeva trilussa, che mi diceva di capire la mia terra con quelle poesie, ed ora che sono così lontano le tue rime mi commuovono, mi fanno tornare la bambina di un tempo che scopre i segreti del mondo attraverso le poesie dialettali. Bellissimo il tuo scrivere in dialetto, una lingua poco apprezzata ma che ci identifica..in fondo il nostro dialetto siamo noi, le nostre origini, un qualcosa di cui non ci si deve vergognare ma andare fieri
Cara Stefania sono molto contento che le mie rime siano riuscite a toccare i tuoi sentimenti e che ti abbiano riportato per un attimo indietro nel tempo facendoti riaffiorare i tuoi ricordi più intimi, un abbraccio
Gentilmente, per ricevere una copia omaggio del mio libro, compatibilmente con la disponibilità delle copie omaggio,occorre mettersi in contatto esclusivamente via mail con la Redazione indicando il titolo del mio libro e il suo indirizzo postale.
Caro Gentiletti,dopo averti apprezzato tanto per queste tue rime su Roma, ho scoperto da poco le tue poesie in lingua italiana e voglio comunicare questa mia gioia per una scoperta simile anche agli altri visitatori del nosto blog.
Penso che questa notizia sarà apprezzata dagli ideatori di questa favolosa Fiera, perchè servirà a far conoscere meglio uno deli iscritti alla stessa. Sembra impossibile che la tua penna possa essere così tagliente nel criticare crudamente la nostra società in dialetto romanesco e, contemporaneamente, descrivere nella nostra lingua italiana, con tanta grazia e commozione, un tuo momento intimo di dolore e struggimento per una morte; come fai in “L’ADDIO”. Complimenti, ancora. PAOLA PICA
Cara Paola, non riesco a comprendere come tu abbia potuto scovare questa mia poesia naufragata nel mare del Web, la cosa mi sorprende e mi allieta.
Ti ringrazio per i complimenti e per le osservazioni acute che dimostrano che sei riuscita a percepire l’intimo dolore di quelle righe.
Bravo Luciano! Oltre che un ritorno alle origini direi anche un pò di nostalgia per quello che non può essere raccontato se non vissuto! Complimenti ancora!
Ti ringrazio per i complimenti e hai perfettamente ragione per la nostalgia che spesso ci fornisce l’illusione che il tempo passato sia migliore di quello che viviamo.
Caro Gentiletti,concordo pienamente con Maria Giuseppa, che ti definisce il Trilussa del nostro tempo…non condivido assolutamente la tua umiltà nel dire che con il grande poeta romano hai poco in comune oltre all’uso del dialetto romanesco, e “immeritatamente”. E la scelta dei fatti da stigmatizzare, dove la mettiamo? Non è cosa comune riuscire ad individuare aspetti sociali e politici, di cui tutti fanno finta di non accorgersi oppure ridono come di una trovata mediatica, e parlarne con chiarezza in versi. Complimenti. PAOLA PICA
Cara Paola le tue considerazioni mi sono di conforto e mi stimolano ha proseguire su questa strada che sento intimamente mia.Grazie per i complimenti.
naturalmente luciano:tu sei figlio di altri tempi e hai la tua spiccatissima personalità.Ancora complimenti.
Gentilmente, per ricevere una copia omaggio del mio libro, compatibilmente con la disponibilità delle copie omaggio, la prego di mettersi in contatto esclusivamente via mail con la Redazione indicando il titolo del mio libro e il suo indirizzo postale.
Ti cito
“‘Sta curtura de lo sballo e der virtuale
stà rovinanno la nova società
che nun distingue più er bene e er male
e ha perso er gusto de la normalità.”
sono d’accordissimo,siamo andati così tanto avanti che adesso,per progredire,possiamo e dobbiamo solo tornare un pò indietro.Ci vuole coraggio a riproporsi in una forma e in un gergo che rimanda dritto dritto a trilussa,ma credo che ogni epoca abbia bisogno del suo trilussa,pronto a farsi beffe e a “farce ride” dei nostri difetti e di ogni malcostume.E giacchè abbiamo convenuto sulla necessità di fare qualche passo indietro per andare avanti,anche nelle scuole,accanto alla giustissima importanza che diamo allo studio della lingua inglese,sarebbe bene non mancasse l’occasione di proporre,ogni tanto,anche un ritorno alle radici,ognuno le sue,perchè rischiamo che vadano perse,con tutto il loro straordinario bagaglio umano culturale.
Concordo con la tua analisi e sono molto lusingato di essere accostato al grande Trilussa con cui condivido, immeritatamente, solo quello spirito prettamente romano che riesce con il vernacolo a stigmatizzare in poche righe fatti e situazioni della vita quotidiana.