Non era ancora giorno quando sentì le palpebre sollevarsi. Nella penombra, provocata dai lampioni ancora accesi giù nella strada, vide con orrore che la sveglia segnava le cinque.
Francesca avrebbe voluto dormire fino alla fine dell’eternità quella mattina, ma c’era qualcosa che glielo impediva. La sua mente era già sveglia, ma il corpo proprio non ne voleva sapere e come un peso morto le impediva di scendere dal letto. Occorreva rimettere in attività tutte le funzioni vitali: iniziò a scrutare la stanza partendo dal soffitto, misurando con la mente la distanza tra il lampadario e le tende della finestra. Le tapparelle abbassate, ma non serrate, ora lasciavano filtrare i primi barlumi dell’alba, un’alba lattiginosa e fredda, metallica.
Il grande armadio a muro di legno scuro, per uno strano gioco di luci, appariva di una tinta meno uniforme e le ricordò l’incubo della sua infanzia, quel lettino pieghevole su cui dormiva ai piedi di quello dei suoi genitori, accanto al mostruoso guardaroba. Aspettava di farsi portare via dal sonno con le coperte tirate su fino al naso, terrorizzata dai disegni tracciati dalle cornici concentriche irregolari dei tronchi che incombevano su di lei. Sapeva che le tracce erano sempre le stesse, ma la fantasia ogni sera le vedeva diverse, immaginando mostri orrendi dai lunghi artigli che la osservavano, nell’attesa che facesse anche solo un minimo movimento.
Per questo cercava di restare immobile, aspettando di perdere i sensi e addormentarsi.
Chissà perché, quella sensazione le ricordava quello che stava provando ora, immobile, anche stavolta nel suo letto, anche se non era più una bambina.
Scacciò il ricordo concentrandosi su altri particolari della sua camera: voleva imprimersela bene nella memoria, giacché sarebbe stata l’ultima volta che si sarebbe svegliata in quella stanza.
Oggi era il giorno del suo matrimonio.
“Stupidi presagi” di Mynona è un racconto a puntate pubblicato nell’ambito dell’Iniziativa “E giunse Amore” lanciata dal Blog degli Autori insieme a Zenzerocandito. Per maggiori informazioni e partecipare segui questo link.
Credo che ogni bambino abbia avuto il suo personale armadio degli orrori. Io ne ricordo uno molto simile a quello che descrvi.
Inizio pieno di attesa. Immagino che alla prossima conosceremo l’antefatto.
Un bacio
Da piccoli anche gli armadi un po’ cupi possono trsformarsi in mostri orripilanti, vero!
Mi piace questo inizio con la mente che, alla vigilia di un passo cos’ importante quale è il matrimonio, ripercorre le paure infantili. M’incuriosisce anche la “resistenza” che il corpo, con il suo torpore, sembra opporre a compiere quel passo. Molto ben scritto.Cecilia
Davvero bello il modo di descrivere l’ambiente circostante.. ricco di particolari.. complimenti..
Mi accorgo che certe “paure bambine” le abbiamo passate in tante 🙂
E anche una certa apprensione la notte (e il giorno) del proprio matrimonio 😉
..attendo l’evolversi della storia..
Un saluto
Ars
Ho usato dei miei ricordi in questa stanza, forse è per quello che li senti veri! Quanto ho odiato quell’armadio!
ma che bello quello che hai scritto!
mi hai fatta spaventare.
invece… alla fine “si doveva solo sposare”
(ironico, vero?
detto da una ventiseienne che non si sposerà mai, perchè ha paura del matrimonio)
davvero bello come hai descritto la stanza.
e… alcuni atteggiamenti “da bambina” li ho avuti anche io. in momenti “particolari” in cui magari hai paura. o sei carica di tensioni…
Questa storia della nostra amica Mynona comincia, per così dire, dalla fine rispetto al tema dell’iniziativa letteraria a cui partecipa, ma merita d’essere seguita e letta con attenzione.
Buona lettura a tutti.
pensare ricordare essere..
noi
Un passo importante e carico di responsabilità…
Forse per questo riporta inconsciamente a passare in rassegna la propria vita…
Sai cosa mi piace di questa prima parte? Le descrizioni. Sembra di essere lì e di ritrovarsi bambina ad avere paura degli strani “disegni” del buio.E’ una cosa che capita un po’ a tutti, credo…