Quando arrivò a San Bartolomeo lui era già là, che l’aspettava, impeccabilmente vestito.
La gente si raccolse tutta intorno all’auto per farle gli auguri, per complimentarsi con lei, insomma per assolvere al loro compito di invitati.
Quando le venne incontro per aprire lo sportello, Matteo aveva la sua solita espressione sicura, come se prima non fosse successo niente, come se non avesse avuto neanche per un attimo il dubbio che lei non si sarebbe presentata.
Le prese la mano e la baciò leggermente sulla guancia sinistra, quasi a volersi scusare per lo schiaffo. Le parve un segno che se ne fosse pentito.
Salirono insieme la gradinata della chiesa fino all’enorme portale centrale: qui le consegne furono passate allo zio Federico.
Poiché era il fratello di suo padre, il quale era morto da molti anni ormai, aveva voluto essere lui ad accompagnarla all’altare in sua vece.
L’atmosfera all’interno era come sospesa: sembrava che tutti aspettassero con ansia il suo sì, compresi i santi e i martiri sui dipinti appesi lungo le due navate laterali. Sentì un leggero brivido di freddo. All’improvviso l’organo cominciò a suonare e la cerimonia iniziò.
Fu presa dal panico. Il suo cuore andava ai duecento all’ora e le mancava il respiro. Chissà se tutte le spose provavano le stesse sensazioni!
La chiesa era addobbata magnificamente: come al solito Matteo era stato all’altezza della situazione.
Mentre camminava lentamente lungo la navata centrale a braccetto dello zio, cercò di rilassarsi, focalizzando la sua attenzione sulle persone sedute sulle panche di legno.
Erano tutti vestiti a festa. Sicuramente molti di loro avevano impiegato molto più tempo di lei per prepararsi all’evento e questo la fece sorridere.
Notò sua madre sull’ultima panca della fila destra, vicino alla zia Beatrice: era visibilmente sul punto di piangere. Chissà perché le mamme piangono ai matrimoni dei loro figli, se per la gioia o per il dolore.
Pochi metri ancora la dividevano da lui: sembravano chilometri, ma nello stesso tempo millimetri.
Vide uno strano sguardo nei suoi occhi, sembrava supplicarla di tener duro, di non lasciarsi andare. Che fosse terrorizzato di perderla?
Decise di prendere sul serio quella sensazione e per una volta nella vita di seguire il suo istinto primario. In quel momento sentì la mano di lui che cercava la sua per aiutarla a salire sul gradino di marmo bianco che stava davanti all’altare. E fu così che si abbandonò.
Per tutto il tempo in cui il prete parlò le passarono davanti agli occhi mille pezzi della sua vita. La sua infanzia quasi felice, la lunga agonia di suo padre in ospedale, il suo funerale, la nascita di suo fratello, quando lei aveva appena sei anni, il primo giorno di scuola, la prima volta che aveva fatto l’amore e la sua prima volta con Matteo.
Se avesse dovuto giudicare il loro rapporto basandosi solo sui loro incontri a livello sessuale non avrebbe avuto mai alcun dubbio di sorta, in quei frangenti lui diventava un altro.
Sapeva stimolarla, sapeva aspettare quando ce n’era il bisogno, era dolce ma nello stesso tempo aggressivo, la lasciava fare quando voleva essere lei a condurre il gioco e si imponeva quando capiva che era in un momento di passività: insomma era un amante perfetto.
Non sapeva resistere alle sue carezze e ai suoi baci. Si liquefaceva.
Si sentì scuotere leggermente sul braccio destro e si svegliò dal suo stato di torpore: Matteo la stava guardando e così pure il prete, il quale ripeté la formula di rito per la terza volta.
“Vuoi tu, Francesca Maria Arquati, prendere come marito il qui presente Matteo Salviati, per amarlo, onorarlo e rispettarlo finché morte non vi separi?”.
Attese un attimo prima di rispondere, non perché non avesse ancora deciso cosa dire, ma per avere un ultimo presagio: sbirciò il suo orologio da polso. Erano esattamente le 17.10.
“Sì, lo voglio”.
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“Stupidi presagi” di Mynona è un racconto a puntate pubblicato nell’ambito dell’Iniziativa “E giunse Amore” lanciata dal Blog degli Autori insieme a Zenzerocandito. Per maggiori informazioni e partecipare segui questo link.
Ho letto tutto il racconto. Molto bello e ben scritto. Tiene col fiato sospeso fino alla fine!
Con questo racconto, che nella prima stesura portava il titolo “Poco rumore per nulla”, volevo provare che anche piccole cose possono generare una storia. Di fatto non succede quasi nulla, sono più movimenti dell’anima che fatti…Inoltre l’amore ha molte faccie e volevo sottolineare che è fatto di dubbi più che di certezze. Non so se ci sono riuscita a pieno, ma questa era la mia intenzione.:-)
bellissmo soprattuttto il finale!
Grazie anche da parte mia.
Il tuo racconto mostra un altro punto di vista sull’amore. Non il vederlo per la prima volta, ma il ri-vederlo.
In attesa del prossimo racconto, ricordo a chi sta ancora scrivendo di continuare a farlo.
Aspettiamo nuove opere da voi 🙂
Complimenti vivissimi, cara Mynona, hai saputo tenere desta l’attenzione dei lettori tra una puntata e l’altra, anche a distanza di molti giorni.
Un bel racconto e una brava narratrice, non c’è che dire.
Grazie di cuore per la tua partecipazione alla bella rubrica curata da Zenzerocandito.
Bellissima conclusione! Emozionante…
e mi ha fatto sorridere il fatto che gli invitati avessero speso più tempo di lei nel prepararsi!
Cmq molto affascinante la figura di Matteo…:D