Lontani

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Ti vedo nel colore del mare, nel dolore
di ogni stelo di bergamotto e ogni foglia
col cadere in gocce acide ai miei piedi, ai francescani
regalati dove altre terre non mi vollero, se non con altro nome;
– seppur fu tutto una bugia, un inchiostro lavato
con le mani raccolte nel senno delle madri
dalle mani più vecchie di loro, lì posai un piede,
un braccio e baciai la terra come fosse mia –

quale terra ebbi in dono un giorno? Ti vedo seduto,
ingrato negli occhi, un bacio lontano dove annega il cielo,
una lacrima già secca prima di nascere e non hai bocca
nei miei occhi, e non hai lingua senza fame, e hai miseria
e briciole umane; nella mente ti perdono, mi stanco persino
e m’allontano – lontani fummo pure nelle ombre,
nei seni e quasi a storpiare la storia, restammo soli;

avrei dunque parole, venti nei templi coi rosari bruciati,
nel sorbire di nuovo un pianto, di nuovo una preghiera,
e senza acqua ma fame; dove resteremo – qui dipingo e traggo –

l’ispirazione ha vie contorte nella mente quando ci sei: nel scioglierti
i capelli, distraggo l’armonia, l’orma peggiora sulla sabbia
e s’abbandona, ad altre vie, ad altri alberi dove decapitare il pensiero
e dove morire ché di morte ce n’è una sola; ti privo io, ti annodo
dal collo al ventre, dal pianto al seme;

come fossimo soli, t’abbraccerei tuttora; quante mancanze odierò di te;
elencati nei muri i tuoi occhi scavati, uno ad uno, ché tanti ne hai,
come tanti ne tolsi con queste mani;

e tanti altri come dono di tua madre stanno ancora in giardino,
appesi alle gole degli alberi, tra frutta acerba a chiedersi del tempo,
ad origliare e beffeggiare poi i vicini, le case raccolte nel vino
e le bocche stonate nel canto

senza udire il tono che ogni forma dà al nostro passo
allegro, estivo: così fummo bambini allora.

31.07.2006

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