Incontravo i suoi occhi ma solo per un momento, quando lei passava ogni giorno lungo il corso con la sua sacca rossa e l’aria distratta. La osservavo attento.
Erano giorni d’autunno, ed io ero nello studio dell’avvocato Marioli, come tirocinante.
Perso tra le scartoffie e le pratiche, spesso lasciavo correre lo sguardo fuori dalla finestra, verso la via principale. A quel vecchio bar dell’angolo probabilmente sorseggiava un cappuccino, prima di correre in Accademia.
Quasi ogni giorno anch’io ero là con il mio caffé, ed era difficile non notarla con quei grandi fogli da disegno e le dita imbrattate di colori accesi. Lei aveva un’aria dolce, ma un’espressione molto convinta, da persona determinata.
E poi quelle labbra rosa, il suo volto di pesca, i capelli neri e ondulati sulle spalle, ma più di tutto i suoi occhi. La luce dei suoi occhi verdi.
Uno sguardo disarmante, leggermente inquieto, incisivo più di mille parole.
Una muta eloquenza , una voce silenziosa ma irradiante.
Io cercavo i suoi occhi, li inseguivo tra i tanti mentre lei cercava i miei.
Eppure non conoscevamo i nostri nomi ma i nostri sguardi, furtivi e complici si rincorrevano, e trovavo pace solo quando per alcuni secondi si incrociavano, dicendo tutto senza aprire bocca.
Era grande in me il desiderio di scoprirla, ma ancor più la voglia di non rovinare quella delicata magia che si era creata.
Non potrò mai scordare la prima volta che la vidi.
Un giorno per conto dell’avvocato, mi recai presso il palazzo di giustizia, di fronte all’Accademia delle Belle Arti, dove, lo capii in seguito, lei seguiva il corso di pittura.
Svolte le mie mansioni passai davanti all’ingresso dell’Accademia.
Ero distratto, cercavo di non far cadere la cartelle porta documenti che avevo sottobraccio mentre parlavo al cellulare. E poi lei aprì il portone di botto, urtandomi il braccio mentre ero di spalle. Fogli scritti, documenti e generalità finirono in aria per poi sparpagliarsi in terra. D’impulso alzai lo sguardo dal marciapiede dove giaceva il lavoro di settimane, in cerca della causa di tutto quanto. Incrociai uno sguardo inaspettato, pulito e trasparente. Lasciando naufragare ogni pensiero, mi persi nei suoi occhi, che cantarono per me, con una voce dolce, lieve che scolò nella mente e poi giù dentro il mio cuore. Mi fermai confuso, non riuscii a dire nulla.
Si scusò subito con me. Raccolse grossa parte dei fogli, che mi consegnò fissandomi per un breve momento, prima di andar via con un sottile imbarazzo. Intensa, particolare, la sensazione. Il mondo intorno sembrò spegnersi, quando si accese sulle sue labbra un sorriso. Fu l’inizio di tutto.
Era una splendida giornata di primavera. Lei eri splendida, particolare.
E resterà così nella mia mente per sempre, anche dopo quel suo volo disperato e voluto dalla scogliera, subito fuori città.
Ritrovarono il suo album da disegno, le sue scarpe, ed una lettera sul ciglio del dirupo, un ultimo saluto prima di gettarsi nel vuoto. I giornali ne parlarono, disegnando la sua storia con cinica puntualità. Un amore senza regole, poi un tradimento. E poi la delusione. Afflitta e ingannata aveva deciso di mettere fine a tutto. Perché quando si da tanto e si riceve solo una sferzata in pieno animo, poi la ferita brucia troppo.
Ma chi scriveva di lei non conosceva il suo sguardo.
Solo a me aveva concesso quella voce silenziosa e malinconica, come un pianto.
Avevo colto quella sensibilità, un’arma a doppio taglio, che il mondo le aveva voltato contro, sul più bello, nel bel mezzo dei suoi ventidue anni.
Solo per me i suoi occhi avevano cantato, con tanta sincerità.
Aveva avuto fiducia nei sentimenti, nei suoi ideali. Io no, purtroppo a trentadue anni avevo già avuto modo di assaporare la vita, e non era un buon sapore quello che mi era rimasto dentro. Lei ci aveva creduto, questa la sua colpa. Io non più, questa la mia salvezza.
Il suo sguardo però, mi aveva colmato l’animo, mi aveva regalato un paio d’ali, le stesse che avrei voluto donarle, per sospingerla alta in quel maledetto giorno.
Nel bar all’angolo, mi reco ogni giorno, fermandomi ad osservare il tavolino dove sedeva, dove posava le sue cose, i suoi disegni. Anche il giorno prima della sua decisione estrema era là.
Quasi la rivedo.
Mi ricordo lo sconforto dipinto sul suo viso, e suoi occhi arrossati. Non riuscivo a vederla così. Meritava ampi sorrisi che illuminassero il verde cristallino dei suoi occhi. Se solo avessi potuto immaginare e capire. Avrei potuto fare qualcosa ed averla ancora qui adesso, ma è tardi.
Avevo avuto forse paura di quegli occhi, temevo mettessero a nudo completamente oltre che la parte migliore di me anche la mia anima, i miei limiti ed ogni fragilità.
Ed ora resto a fantasticare di lei.
Stringo i pugni e sospiro, chiudendo per un attimo gli occhi.
Li riapro. Resta di lei il suo disegno dimenticato nella caffetteria all’angolo, il barista lo ha raccolto e incorniciato. Lo fisso con attenzione.
Avevi talento.
Su quel foglio un gabbiano solca il cielo, sullo sfondo una scogliera, proprio quella, ed un profilo di donna, che guarda lontano verso il mare con un sguardo profondo, premonitore e triste.
Il tuo.
E’ qui sigillato nei miei occhi, per sempre.
Non potrò dimenticarlo.
Non più.
Scrivi veramente bene, al punto tale che alla fine ho dovuto trattenere le lacrime…
Sarebbe potuto essere un grandissimo amore…
Complimentoni 🙂
mille grazie….vi abbraccio.
Il racconto è stato presentato ad un concorso a tema cn una lunghezza max da rispettare. Sguardi appunto era la tematica fissa…
Ho voluto incentrare l’attenzione su un rapporto platonico fondato sulla muta eloquenza dello sguardo…chiaramente ha valenza simbolica se vogliamo….ma ad ognuno la sua chiave di lettura.
un sorriso
iry
Incantevole racconto, magistralmente scritto dalla nostra adorabile unica QueenIshtar…
Chi di noi non è tornato nei posti dell’amore? A cercare il sollievo del ricordo?
Brava Francy, ha scritto esattamente ciò che ho pensato leggendo. Che scrivi da dea lo sappiamo tutti….Manu
Molto bello, molto triste…
Nell’atmosfera creata inizialmente non mi aspettavo “il volo dalla scogliera”: è stato un volo anche per me!
“Il mondo intorno sembrò spegnersi, quando si accese sulle sue labbra un sorriso. Fu l’inizio di tutto”.
Spesso si ha paura di un amore desiderato che può renderci felici ma fragili e si cerca di evitarlo. Ci si rende conto di ciò quando ormai è troppo tardi e si rimane lì soltanto a fantasticare… E’ questo ciò che leggo oltre la trama del tuo racconto.
Ciao