Una traccia di te. Il tuo numero accanto ad un petalo di rosa rossa. Solo questo mi hai lasciato.
Solo questo ho trovato sul tavolo accanto al mio note book.
Tu eri già andata via.
Eppure dovevo scordarti. Sarebbe stato facile farlo.
Questo era l’accordo con me stesso. Quello preso all’inizio dei giochi.
Una notte qui con l’ennesima Elena dai verdi occhi, e poi Andrea avrebbe voltato pagina.
Ma tu non sei lei. Sophianne. Il tuo nome, insolito, (forse storpiato da un Bellini di troppo), sussurrato nell’oscurità di una camera d’albergo, ora è come una bandiera, uno stendardo inneggiante.
(Non volevo.)
E poi la tua bocca rossa, morbida e sapiente. Le nostre mani. La luce sbieca e traversa delle tue pupille dilatate. Sospesi ma eternamente vicini. Lenzuola rosse. Premonitrici di una passione improvvisa e dilatante.
(Non doveva andare così.)
I tuoi capelli neri, il neo sulla tua guancia. Una piccola rosa nera tatuata sul polso destro.
Come un segno particolare. Un modo per farti riconoscerti tra tante. L’unica forse, che mi ha fatto piangere ancora, sospirare.
Un profumo intenso, i tuoi sospiri, il calore della tua pelle.
(Non voglio continuare.)
Basta non ti cercherò. Non posso e non voglio.
(Dimenticarti.)
Dieci giorni sono già trascorsi.
<<Sophianne, ti prego rispondimi, che ti succede. E’ orrendo restare qui a fare un monologo con la segreteria telefonica del tuo cellulare. Pensi che io non meriti risposta, forse hai ragione, ma io devo dir….>> Tempo scaduto, trenta secondi sono passati.
Fine della trasmissione.
Ripongo il cellulare in un cassetto qualunque della mia vita.
(Il tuo numero, tu. Tutto molto familiare. Si riaccende in me una scena già vissuta, già vista anni prima.)
Flash back:
La velocità di un suono, di una parola che scorre sul filo di un telefono sempre a portata di mano.
Un telefono che non squilla mai, quando vorresti tu. Una voce che è altrove quando la cerchi.
Un sorriso che vorresti violentemente fare tuo, ma che è distante mille anni luce. Due occhi, quegli occhi cercati e voluti. Che forse mai più rivedrai. Mille e uno, pensieri in quel numero che componi, e che non ti da alcuna risposta se non quella di un’eco. L’eco dell’assenza. Non ci sei più.
Cambiano le idee alla velocità della luce. E forse tu non ci sei. O non mi vuoi.
Metto giù la cornetta.
Fine della trasmissione.
Il cellulare squilla.
…Rewind (?)
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Tratto da "Tra un quarto d’ora sarà domani" e-book in progress di Irene Leo/Psyché
Molto coinvolgente…
momenti comuni eppure sempre particolari ed intensi per chi li vive
😀 Francy
E’ vero, è una situazione comune. Tu l’hai tratteggiata con misura e delicatezza. Un abbraccio.
Val…ho cercato attraverso una situazione comune di coinvolegere il lettore…alla mia maniera però.
E’ un uomo che parla qui, ma l’autrice è una donna 😉
Un caro saluto
Irene
Grazie Ars,
è parte di un progetto un pò più grande, una sorta di storia, questo brano è il là di quella storia….
Ti abbraccio
Che dire … bellissimo, hai saputo ricostruire emozioni e pensieri vissuti … il nome poi è romantico, dolce ed evocativo ” Sophianne” … ho vissuto questi momenti, chi non lo ha fatto? Sei riuscito a risvegliare ricordi sopiti una vita fa … ma ora è meglio che rinchiuda la “mia” S. in uno dei miei cassetti della memoria.
Bravo.
Un racconto d’assenze e pensieri ma che resta un monologo fino a quel Rewind, che lascia uno spiraglio.
Una costruzione particolare. Interessante.
Buona serata
Ars