Preludio –
Ricostruirà il mondo, questa volta perfetto.
Dato che il Male ha avuto il tempo di annidarsi in ogni dove, d’usurpare lo spazio e il tempo al Bene, prima di ricostruire dovrà essere distrutto tutto.
Da ogni fessura sarà espulso il Male. Non ci sarà più alcun difetto di fabbricazione. Questa volta porrà maggiore attenzione, il Male non verrà nemmeno prodotto, creato.
Ora sa che la minima infinitesima briciola di Male non ha altra scelta che quella di prendersi tutto.
È la sua natura.
In realtà stando fuori dal tempo e dallo spazio non se ne impossessa, già sono suoi. Li attraversa da una parte all’altra, facilmente anche da dentro a fuori. Come faremmo noi con un disegno su un foglio di carta.
Non si ferma, e l’entropia maligna, nel caso del mondo migliore, rimane uguale a sé stessa.
Questo cancro che mangia la carne sana, s’impossessa di essa, la divora, e boccone dopo boccone ne sente il sapore e gli sale alla testa.
La consuma irreversibilmente.
La carne usata non ha più memoria. Quella che si è lasciata corrompere non può più essere salvata.
La prima cellula colpita si difende ma se soccombe non vi è più freno. Colpire una cellula significa colpirle e averle già uccise tutte.
Uccisa una persona, una in più non fa differenza.
La distanza tra nessun morto e un morto è incommensurabile, infinita; quella tra un morto e un milione di morti è commensurabile, pari a un milione.
Vincere risulta facile al Male se ha corrotto un solo essere umano.
Uccidere un solo essere umano significa averli già uccisi tutti.
La strage di un solo essere umano.
L’utopia ci fa paura. L’utopia che non cerchiamo più non l’abbiamo scorta perché non ci possiamo andare, al più possiamo allontanarcene.
Inabili a trovarla la sostituiamo con la speranza, surrogato inerte e morto.
La speranza è ricordo delle origini.
Questo rimpianto d’infinito, questo sì, ce lo portiamo ogni dì appresso.
Partiamo allora da dove non c’è permesso partire, ma essendo un non luogo poco importa.
Si ricomincerà dal solito posto.
Avverrà per mezzo del fuoco che, unico e solo, distrugge la peste.
Verrà dal ventre caldo della Terra.
Questa volta il Bene inonderà tutto.
All’inizio: il paradiso
Il sole giallo, all’ombra delle foglie di alberi giganteschi, la temperatura deliziosa. Si sarebbe detto un luogo perfetto, e infatti così era.
Nudo e nuda nella loro bellezza, e tutti gli altri – senza saperlo, senza malattie, giovani – giacevano, mangiando dolci bacche rosse ch’erano a portata di mano.
Tutti i colori erano presenti.
Non vi era nulla che potesse mettere loro fretta.
Non dovevano correre da nessuna parte, erano già dappertutto.
Vedevano tutto, mangiavano a iosa, bevevano allungando una mano.
Non c’era nulla da fare se non l’autentico vivere.
Camminavano senza alcuna fatica, i muscoli perfetti come il resto.
Camminavano e non camminavano, giocavano senza giocare. Giacevano senza giacere e facevano tutto senza fare niente.
La creazione appena passata era ancora lì presente.
Avrebbero riscritto i testi sacri e avrebbero aggiunto i capitoli mancanti, quelli iniziali.
Avrebbero fatto tutto senza errori, e come potevano commetterne?
Era la nuova possibilità per il pianeta, per colui o coloro che sono, per i nuovi abitanti, per i testi sacri completati.
Questa volta non avrebbero deluso nessuno e nemmeno trasformato in inferno la vita che sarebbe venuta.
Qui era impossibile sbagliare.
Anche i luoghi avrebbero ricevuto una nuova opportunità.
Sarebbero ripartiti dal niente.
Imposero un nome al luogo: il paradiso.
I vecchi nomi non li ricordavano.
Per tutte le generazioni che numerose come le stelle avrebbero vissuto la Terra sarebbero stati ricordati con i loro nuovi nomi: Eva e Adamo.
Senza domande, sapendo tutto, limitati solo dalla loro incommensurabilità, esistevano.
Che fossero i primi gli era stato detto, ma non sapevano che era già accaduto.
Sapevano tutto o quasi.
La guardava e lei, ricambiando, dopo un po’ sorrise a quello che di lui era e sarebbe stato. Benché perfetto, lui non seppe dire quale fosse il motivo del suo nuovo turbamento, una sensazione che veniva da lontano, ancor prima dell’inizio.
Lui la lasciava entrare, la ospitò, l’avvolse di calore per mantenerla in vita, magari per sempre.
Eva il primo giorno.
Un nuovo inizio, non sul nulla, ma fondato su tutto il passato.
Non parlavano, ma non si sarebbero mai più capiti così bene.
Nulla si sarebbe frapposto fra loro?
Nemmeno c’era ora qualcuno per poterlo fare e il destino non esisteva ancora.
Gli altri che s’intravedevano agivano in ugual modo.
Doveva ricordare qualcosa: da dove era venuto e dove non doveva tornare.
Doveva vivere in maniera diversa, non di molto, quel tanto che sarebbe bastato.
Le entità avevano mantenuto la promessa!
Non dovevano fare nulla per vivere.
L’uovo di Rodolfo Viezzer – Narrativa Aracne, 2013 – pag. 95
Il commento di NICLA MORLETTI
L’autore dedica questo libro agli alberi che gli hanno regalato ombra in estate e alla luna che gli ha regalato la luce nelle notti senza corrente elettrica. Dedica queste pagine ai sognatori e ai curiosi che sono rimasti senza sogni.
Si tratta di un romanzo di ampio respiro, frutto di una mente eclettica e in espansione creativa. Una storia allettante che desta interesse fin dalle prime pagine. All’inizio si apre davanti ai nostri occhi il Paradiso con il sole giallo, la temperatura deliziosa e la bellezza. Ovunque. L’autore prepara scene straordinarie per il lettore, lo fa sotto l’ombra di alberi giganteschi in un pianeta bello come le stelle e scintillante quanto lo sono le gocce di pioggia sulle fronde degli alberi. Da qui prende il via pian piano la storia, si intrecciano eventi fantastici e pur veri, con un telescopio lunare costruito sul lato rivolto alla Terra, un vero e proprio capolavoro di ingegneria. Lascio al lettore la scoperta di queste pagine appassionanti che lo trascineranno in un viaggio nello spazio e nel tempo e che lo avvinceranno in una spirale di suspense e avventura nel fantastico mondo di Rodolfo Viezzer.
Il senso del tempo inevitabilmente corrotto e la speranza: da lungo tempo mi mancava la voce e la riflessione che fecero di un lontano periodo un piacevole e rimpianto esercizio di vita.
Scoprirò volentieri i nuovi tempi ed i nuovi spazi che questo libro aprirà alla mia curiosità e che – credo – saranno la continuazione di vecchi fili e riflessioni che – in bozzolo – erano già “l’uovo”.
Lucia
Gli alberi e la luna come soggetti
per Rodolfo son perfetti
e fan da sfondo al bene e al male,
della vita l’ asse centrale.
” L’ uovo ” principia un assoluto
che dev’ esser il benvenuto :
niente nella creazione
e’ inutile e senza ragione.
Lo dice Viezzer tra le parole,
che mica son le sole,
a partecipar al nostro cuore
il postulato dell’ amore.
Profondo scritto, cesellato
d’ un frutto imbrillantato;
perche’ il lettore abbia sentore
di un capolavoro, sissignore.
Gaetano
Quando nasciamo o quando ci svegliamo al mattino abbiamo due scelte: scegliere cosa essere, quale sarà l’umore:
1) essere di buon umore, quindi scegliere il bene
2) essere di malumore, quindi scegliere il male..
all’inizio ciò che traspare leggendo questi brevi versi, è la descrizione del paesaggio, un’unione del bello e del brutto.. secondo me è ciò che ciascuno sceglie di vedere: un paesaggio fantastico, con il colore giallo, e tutto ciò che preannuncia la nascita di una vita paradisiaca.. oppure scegliere un paesaggio brullo, come si evince dalla descrizione, ma come dice il titolo, l’uovo che sta per dischiudersi, preannuncia una vita che si sviscera in questo brano, una vita bella, fatta di mille avversità, ma con lo sguardo di Adamo ad Eva, tutto si placa..
si evince anche un’aurea di mistero, che spinge a voler leggere tutto il romanzo, per questo sarei onorata di leggerlo interamente..
Gentile Maddy, grazie per il commento garbato e intelligente!
Si in effetti un uovo che si dischude è la vita che esplode, ma forse non è una vita conosciuta, forse è una vita altra..
Il romanzo contiene molti misteri, prima di tutto quello del tempo, poi del genere letterario, poi dei nomi dei protagonisti…
LEggilo e poi mi piacerebbe sapere il tuo giudizio a caldo (e magari anche a freddo?)