I –
Considero la vita una locanda
ove fermarsi per la diligenza
verso l’abisso. È una prigione?
Forse solo una stanza, dove altri
fan, conversano in attesa… Seduta
sulla porta occhi riempio, orecchi
di colori e suon di paesaggi… Canto,
sol per me, vaghe canzoni. Per tutti
una diligenza arriverà
scesa la notte… Godo la brezza
e l’anima che mi è data. Ciò
che lascerò sul libro dei clienti,
se sarà letto, potrà intrattenere.
Se nessuno lo leggerà… Sarà
uguale.
***
II
Se scrivo ciò che sento è solamente
per raffreddar la febbre del sentire.
Ciò che confesso io non ha importanza
è il mio modo di far i solitari.
Come una matassa aggrovigliata
mi srotolo, disegno, con i fili,
differenti figure sulle dita.
Tutti i pensieri e i capitoli
forniscon a me le sensazioni,
attraverso di lor sono invecchiata,
logorata, generando pensieri.
Cerco, arrivata all’infinito,
sol un porto verso l’indefinito.
lo non ho teorie circa la vita.
Se è bella o brutta non lo so, non penso.
Triste è per me, dura, con intervalli
di sogni deliziosi. Tra il sogno
sceglier, che l’intelligenza ricusa
o l’azione, per la qual non son nata?
Non scelgo tra sognare e agire
mescolo l’uno e l’altro nella vita.
***
III
Nell’algebra del mistero, uguale
designazione per uomini e cose
mentre sale, in ore lente e vuote,
la tristezza dell’essere. Si ergono
i sogni in cose, pari a me, perché
volute da me. In un’ordinaria
stanza, anonima persona, scrivo
parole per la salvezza dell’anima
e mi indoro del tramonto di monti
alti e lontani. Mi si apre la poesia
che non è di questo o di quel luogo
e fa delle sue strofe il sostegno
alla mia inquietudine. Ho chiesto
tanto poco alla vita… e mi è stato
negato. Sola, triste, nella stanza
quieta dove sono e dove sarò,
scrivo. Penso che la mia voce incarni
la sostanza di migliaia di voci,
la pazienza di milioni di anime
e la fame di miliardi di vite
sottomesse al destino quotidiano,
al sogno inutile, alla speranza
senza fondamento come me e palpita
forte il cuore… Ma assisto al mio sogno.
Guardo il foglio mezzo scritto, io, qui,
a interrogar la vita! Qui, così!
***
IV
Ho provato ad immaginarmi libera…
Sarebbe stata la quiete, l’arte
e dell’essere mio il compimento!
All’improvviso una impressione
di scontentezza: io avrei sentito
la mancanza di ciò che faccio! Questa
è la vita: monotona, pressante,
necessaria, banale ed è al tempo
stesso l’Arte, che abita nella stessa
via della Vita, in un luogo diverso…
Allevia la Vita, senza alleviare
il vivere e comprende il senso
delle cose, degli enigmi, non l’essere
degli enigmi stessi, per i quali
non può esserci soluzione. Mi siedo
alla tavola, come a un baluardo
contro la vita, a mostrare l’amore
e l’inquietudine di una anima,
perché non ci realizziamo mai, siamo
come un pozzo che fissa il cielo.
***
Il respiro dell’anima (Suggestioni da Pessoa) di Wilma Ambrosio Ruccia – Aletti Editore, 2012 – pag. 68
Il commento di NICLA MORLETTI
Scrive Wilma Ambrosio Ruccia: “Potrei affermare che questo è un libro scritto a quattro mani: da Pessoa e da me. E’ il mio personale omaggio a chi, in punta di piedi, è entrato nella casa del mio spirito e gli ha parlato della sua inquietudine e lo ha spinto a parlare della propria.”
“Il respiro dell’anima” è un condensato di sensazioni, vibrazioni di pensiero, emozioni, mentre “nell’algebra del mistero sale la tristezza dell’essere.” La mente dell’autrice si apre a visioni celestiali che divengono melodia e canto mentre il suo cuore s’indora del tramonto, di vette alte e lontane. Nascono e fluiscono i suoi versi che non sono – come afferma ella stessa – di questo o di quel luogo, ma sono da sostegno alla sua inquietudine e dolce malinconia. L’autrice lascia che le frasi scorrano fluide come acqua pura di sorgente e che le parole siano una girandola di emozioni, note melodiose di una festa della mente e del cuore. Le poesie di Wilma Ambrosio Ruccia mi hanno colpito per la loro bellezza, per la loro intensità emotiva, per la melodiosa linea musicale e per i versi densi di carica espressiva. Un fluire poetico di una versatilità duttile che affascina per il suo cromatismo lirico.
Accompagnata dal portoghese,
poeta di molte pretese,
l’ ispirazion di Wilma s’ epande
e diventa grande,
si che Pessoa s’ accantuccia
e lei diventa la reuccia.
Perche’ Ambrosio ha qualita’
che nella sua totalita’
non e’ copia d’ alcun genio passato
ma sta al presente fissato.
Percio’ coll Pablo Neruda di Lisbona
possiam dir, alla bisogna,
che c’e’ solo un filo conduttore
che fa il suggeritore.
Ma i versi son suoni incantati
dalla Ruccia soltanto ritmati.
Diamole senz’ altro questo omaggio :
sei una grande, coraggio.
Gaetano
Queste poesie trasmettono grandi emozioni